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Divenire

Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e sul postumano

LA RIVISTA

Presentazione

Divenire è il titolo di una serie di volumi incentrati sull'interazione tra lo sviluppo vertiginoso della tecnica e l'evoluzione biologica dell'uomo e delle altre specie, ovvero votati allo studio dei rapporti tra la tecnosfera e la biosfera. Gli autori, provenienti da diverse aree disciplinari e orientamenti ideologici, sviluppano la propria analisi con occhio attento al probabile esito finale di queste mutazioni casuali o pianificate: il postumano. Sono dunque studi che sul piano temporale spaziano nel presente, nel passato e nel futuro, mentre sul piano della prospettiva disciplinare sono aperti a idee e metodi provenienti da diverse aree di ricerca, che vanno dalle scienze sociali alle scienze naturali, dalla filosofia all'ingegneria, dal diritto alla critica letteraria.

Ogni volume ha quattro sezioni. In Attualità compaiono studi attinenti a problematiche metatecniche del presente. Genealogia è dedicata a studi storici sui precursori delle attuali tendenze transumanistiche, futuristiche, prometeiche — dunque al passato della metatecnica. In Futurologia trovano spazio esplorazioni ipotetiche del futuro, da parte di futurologi e scrittori di fantascienza. Libreria è dedicata ad analisi critiche di libri su tecnoscienza, postumano, transumanesimo.
I volumi pubblicati finora (ora tutti leggibili in questo sito):

  1. D1. Bioetica e tecnica
  2. D2. Transumanismo e società
  3. D3. Speciale futurismo
  4. D4. Il superamento dell'umanismo
  5. D5. Intelligenza artificiale e robotica

Divenire 5 (2012) è interamente dedicato all'Intelligenza Artificiale (IA).

Intelligenze artificiose (Stefano Vaj) sostiene che il tema dell'automa (esecuzione di programmi antropomorfi o zoomorfi su piattaforma diversa da un cervello biologico) resta tuttora circondato da un vasto alone di misticismo: quando non viene negata in linea di principio la fattibilità dell'IA, ne viene esagerata escatologicamente la portata. (english version)

La maschera dell'intelligenza artificiale (Salvatore Rampone) indaga gli equivoci concettuali sottostanti alla domanda se una macchina abbia intelligenza o possa pensare e spiega perché l'IA debba nascondersi sotto la maschera del Soft computing.

Il problema filosofico dell'IA forte e le prospettive future (Domenico Dodaro) Analizza il tema della coscienza  semantica mettendo in luce i suoi  aspetti corporei e considera la possibilità di implementarli in sistemi artificiali. Sono valutati sia i limiti tecnologici e computazionali della riproduzione artificiale della coscienza (intesa come una facoltà del vivente) sia i programmi di ricerca più fecondi al fine di arginarli.

Cervelli artificiali? (Emanuele Ratti) espone il progetto di ricerca forse più ardito nel campo dell'IA che emula funzioni e organi biologici: il cervello artificiale di Hugo de Garis, introducendo concetti chiave di questo settore disciplinare come rete neurale e algoritmo genetico.

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Presentazione

Automi e lavoratori. Per una sociologia dell'intelligenza artificiale (Riccardo Campa) sposta l'attenzione sull'impatto economico e sociale della computerizzazione e della robotizzazione. Quali effetti sull'occupazione e quali correttivi per massimizzare i benefici e minimizzare gli effetti indesiderati? Proiettando il tema nel futuro, vengono analizzati i possibili scenari, in dipendenza di diverse politiche (o non-politiche) dello sviluppo tecnologico.

Il nostro cervello cinese (Danilo Campanella) riporta l'origine dei calcolatori moderni all'antica Cina. Utilizzando matematica, teologia e misticismo, i cinesi elaborarono i primi rudimenti del linguaggio binario, poi rubato dagli occidentali.

Alan Turing: uno spirito transumanista (Domenico Dodaro) Sono esposte le ragioni per cui Turing può essere definito un pensatore transumanista. Il matematico inglese è in genere descritto solo come padre dell'IA tradizionalmente intesa. L'analisi dell'autore dimostra invece la sua vicinanza ai temi delle "nuove scienze cognitive" e della computazione complessa (o ipercomputazione).

Passato, presente e futuro dell'Intelligenza Artificiale (Bruno Lenzi). L'articolo mostra, su un arco temporale molto ampio, fallimenti, riuscite, pericoli e scoperte delle scienze cognitive, sottolineando che l'IA non è questione solo tecnico-scientifica, racchiude germogli e frutti maturi in ogni area del sapere, e potrebbe essere molto diversa dall'intelligenza umana.

Post-embodied AI (Ben Goertzel). L'autore, uno dei principali sostenitori dell'AI forte, analizza la questione filosofica dell'embodiment: una intelligenza artificiale forte (capace di risolvere problemi in domini nuovi, di comunicare spontaneamente, di elaborare strategie nuove) deve necessariamente avere un body?

Nanotecnologia: dalla materia alle macchine pensanti (Ugo Spezza) spiega questo ramo della scienza applicata che progetta nanomacchine e nanomateriali in molteplici settori di ricerca: biologia molecolare, chimica, meccanica, elettronica ed informatica. L'articolo presenta le applicazioni già esistenti e le fantastiche potenzialità progettuali, dai nanobot per il settore medico ai neuroni artificiali.

Verso l'Intelligenza artificiale generale (Gabriele Rossi) introduce la Matematica dei Modelli di Riferimento degli iLabs ed esplora i potenziali vantaggi di questa prospettiva alla luce di alcune questioni teoriche di fondo che pervadono tutta la storia della disciplina.

Ich bin ein Singularitarian (Giuseppe Vatinno) è una recensione di La singolarità è vicina di Ray Kurzweil.

NUMERI DELLA RIVISTA

Divenire 1. Bioetica e tecnica

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 2. Transumanismo e società

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 3. Speciale futurismo

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 4. Il superamento dell'umanismo

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 5. Intelligenza artificiale e robotica

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

RICERCHE

1

2

3

4

CHI SIAMO

Comitato scientifico

Riccardo Campa
Docente di metodologia delle scienze sociali all'Università Jagiellonica di Cracovia
Patrizia Cioffi
Docente di neurochirurgia all'Università di Firenze
Amara Graps
Ricercatrice di astronomia all'Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario
James Hughes
Docente di sociologia medica al Trinity College del Connecticut
Giuseppe Lucchini
Docente di statistica medica all'Università di Brescia
Alberto Masala
Ricercatore di filosofia all'Università La Sorbonne (Paris IV)
Giulio Prisco
Vice-presidente della World Transhumanist Association
Salvatore Rampone
Docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni all'Università degli studi del Sannio
Stefan Lorenz Sorgner
Docente di filosofia all'Università di Erfurt
Stefano Sutti
Docente di diritto delle nuove tecnologie all'Università di Padova
Natasha Vita-More
Fondatrice e direttrice del Transhumanist Arts & Culture H+ Labs

Ait

L'AIT (Associazione Italiana Transumanisti) è un'organizzazione senza scopo di lucro con la missione di promuovere, in ambito culturale, sociale e politico, le tecnologie di potenziamento dell'essere umano.

Fondata nel 2004, è stata formalizzata mediante atto pubblico nel 2006 ed ha avviato le pratiche per ottenere il riconoscimento.

Sede legale AIT: via Montenapoleone 8, 20121 Milano

Sito internet AIT: www.transumanisti.it (>)

Pubblica questa rivista: Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano

Curatore: Riccardo Campa

Segretaria di redazione: Nicoletta Barbaglia

Art director: Emmanuele Pilia (>)

Gruppo di Divenire su Facebook: (>)

Contatti

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La conoscenza come valore. Recensione di Etica della scienza pura

Autore: Giuseppe Marcon

da: Divenire 1, Libreria () | pdf | stampa

Riccardo Campa,

Etica della scienza pura.
Un percorso storico e critico
,

Sestante Edizioni,

Bergamo 2007, pp. 592.

Etica della scienza pura è un volume di 592 pagine che traccia la storia di un'idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: «La conoscenza è bene, l’ignoranza è male». Di questa idea l'autore delinea la genesi, ricostruisce le vicende e indica il possibile destino. È un’idea che a molti intellettuali e scienziati pare ovvia, scontata, forse persino banale, ma la lettura del volume rivela che homo sapiens ha impiegato quasi tutti i centomila anni della sua esistenza per farla propria e, una volta apparsa sul palcoscenico della storia, è stata spesso osteggiata in nome di altri valori o disvalori. È un'idea che ancora oggi trova fieri oppositori.

Così formulato, questo principio lo si trova innanzitutto negli scritti dei filosofi e degli scienziati dell'Antica Grecia, in particolare negli scritti di Platone e Aristotele. Successivamente, la sua affermazione e osservanza è soggetta ad alti e bassi. Secondo l'autore, il valore etico della conoscenza scientifica viene prima messo in dubbio dai Sofisti e poi rivalutato dagli scienziati alessandrini del periodo Ellenistico, negato dai Padri della Chiesa e rigenerato dagli intellettuali polimatici del Rinascimento, esaltato dai philosophe illuministi, ridefinito dai positivisti dell'Ottocento, denigrato da romantici e idealisti, riportato in auge da neorazionalisti come Popper, Enriques e Bachelard, rimesso di nuovo in discussione dai postmoderni a lá Fayerabend e ancora difeso appassionatamente da una schiera di scienziati e filosofi, in particolare Jacques Monod e Mario Bunge.

L'autore non limita tuttavia la propria analisi storica e critica a questo principio generale – che denomina principio di eusofia e che indica come pietra angolare dell’etica della scienza. Riccardo Campa ricostruisce le vicende di tutto il codice etico che ha storicamente regolato la ricerca scientifica. Un codice che include molte altre norme e princìpi. Approfondendo una ricerca già iniziata dal sociologo americano Robert K. Merton, tra le due guerre mondiali, l'autore codifica una vasta gamma di norme. Alcune sono fondamentali (obblighi o divieti), mentre altre sono accessorie (preferenze o permessi). Le norme fondamentali sono strutturali, ovvero sono le regole del gioco della comunità scientifica, mentre le norme accessorie rimandano alla dimensione delle motivazioni individuali, e dunque psicologica, degli scienziati. Mentre i sociologi tendono a concentrarsi sul controllo sociale, i filosofi e gli psicologi pongono l'accento proprio sulle motivazioni. L'autore giudica importanti entrambi gli aspetti e sceglie deliberatamente di studiare il problema in una prospettiva polimatica o multidisciplinare.

Le norme giá codificate da Merton sono quattro: il disinteresse, ovvero l’imperativo di cercare la verità aldilà dei benefici materiali e personali che ne possono derivare; il comunismo epistemico, ovvero l’imperativo di mettere in comune le proprie conoscenze senza chiedere nulla in cambio; lo scetticismo organizzato, ovvero l'imperativo di dubitare di ogni affermazione non supportata da prove empiriche o razionali; e l'universalismo, ovvero l'imperativo di non discriminare i produttori di un'idea scientifica sulla base delle loro caratteristiche personali (età, sesso, razza, nazionalità, ecc.).

Campa pone però enfasi anche su altre norme etiche, in genere trascurate. Tra esse, l’aggiornamento, ovvero il dovere di conoscere le nuove ricerche e scoperte inerenti il proprio campo di studi, e il potenziamento cognitivo, ovvero il dovere di migliorare gli strumenti della conoscenza, tanto quelli tecnologici (telescopi, microscopi, acceleratori di particelle, strumenti di misura, ecc.) quanto quelli biologici (cervello, sensi, ecc.). Proprio il riferimento al miglioramento dello scienziato, oltreché della scienza, realizza un cortocircuito tra i discorsi dell’etica della scienza pura e della bioetica.

Che l’aggiornamento sia da vedere come dovere etico, piuttosto che meramente tecnico, potrebbe a prima vista apparire dubbio. Ma l'autore evidenzia in modo piuttosto convincente che dalla scienza dipende la vita dell'uomo e, quindi, una certa negligenza da parte dello scienziato o del tecnico ha una portata etica. Il medico che non si aggiorna non è giudicato solo sul piano della conoscenza e della perizia, ma anche della moralità. Non è solo 'poco esperto' o 'poco capace', ma anche 'non buono' o 'irresponsabile', perché mette a rischio la vita dei propri pazienti.

Ciononostante, gli scienziati tendono a dichiararsi neutrali sul piano dei valori e intenti solo alla scoperta dei fatti. Tendono cioè a non vedere i presupposti ideologici e morali che stanno a monte del loro lavoro e della loro esistenza. Chiaramente, molti non li vedono perché non li sentono. L'autore, seguendo Lakatos e Bunge, sottolinea che il parassitismo universitario è un fenomeno di crescente dimensione che non può essere trascurato. Le motivazioni che portano molti cittadini ad occupare posti nelle università, nelle scuole, nei centri di ricerca, sono spesso tutt’altro che edificanti e certamente non in linea con la tradizione di pensiero di cui è qui tracciata la storia.

Tuttavia, ci sono anche scienziati che usano il neutralismo come strumento retorico, per fare fronte all'ostilità che investe periodicamente la scienza. Se moltissimi scienziati hanno insistito sulla propria neutralità ideologica, piuttosto che rendere esplicito il proprio codice etico, è stato perché hanno dovuto mettersi al riparo dalle critiche e dalle persecuzioni. D'altro canto, presentare la scienza come carente sul piano dei valori etici è anche la strategia dei soggetti ostili. Al meglio, essa è da questi vista come mero strumento per risolvere problemi pratici. Per queste ragioni sarebbe nato lo stereotipo della scienza neutrale, muta sul senso dell'esistenza, sul destino dell'uomo, sulle grandi scelte esistenziali. E per le stesse ragioni si è diffusa l’idea che, lasciata a se stessa, la scienza non può che cadere vittima di interessi politici, economici e militari. L'autore, pur non negando che l'impresa scientifica è talvolta viziata da comportamenti immorali come frodi e plagi, sostiene che - nelle sue punte più alte - può anche elevarsi a modello etico capace di orientare i comportamenti umani in altri ambiti della vita.

In altre parole, questa ricerca storica mostra che la scienza ha precisi presupposti ideologici, ma tali presupposti non minano affatto il suo status epistemologico. Anzi, sono la precondizione del carattere oggettivo e progressivo della scienza.

Passando dalle ricostruzioni alle valutazioni, non nascondiamo che abbiamo un'opinione molto positiva di questo lavoro. Innanzitutto, si tratta di un lavoro originale. Non ci risulta infatti che sia stata pubblicata prima una storia dell'ethos scientifico, almeno in questa forma e in queste dimensioni. Sono certamente apparsi articoli sul tema, ma – per quanto ne sappiamo - non una ricerca storica sistematica di questa portata. Il testo affronta un tema che, nonostante sia stato per lo più trascurato, è molto interessante. Non può infatti sfuggire l'importanza di un sentimento umano che sta alla base di uno dei fattori più importanti del mutamento sociale, la scienza appunto. Inoltre, Campa tratta l'argomento in modo meticoloso, con piena coscienza metodologica ed epistemologica. La stessa mole del libro testimonia la meticolosità e la passione con cui l’autore affronta questo tema. Sentiamo, infine, la necessità di porre in evidenza la cristallina chiarezza con cui questo filosofo espone le proprie idee. Virtù rara, la chiarezza, soprattutto tra i filosofi. Ma di questo non possiamo stupirci, dato che Campa inserisce proprio la chiarezza tra le norme etiche della scienza e non esita a definire l'astrusità e la caliginosità di certi pensatori come il marchio della loro disonestà intellettuale. Se si ha qualcosa di importante da dire, la si dice in modo chiaro, accettando il rischio di esporsi alle critiche. Altrimenti – dice l’autore – possiamo a buon diritto dubitare dell’importanza del messaggio o delle capacità pedagogiche e stilistiche dell'autore.

Per quanto le idee portanti dell’opera possano apparire controverse, non può sfuggire l'utilità di questo studio, soprattutto in un momento in cui i dibattiti sulla dimensione etica della scienza occupano grande spazio negli organi di informazione, nelle istituzioni politiche, nel mondo accademico e nella società civile. L’argomento che la scienza è un bene in sé è stato messo in campo anche nelle discussioni che riguardano le applicazioni scientifiche e le tecnologie (in particolare, le biotecnologie), e forse lo sarà ancora di più in futuro. Questo perché scienza pura e scienza applicata, pur distinguibili in linea di principio, presentano comunque una contiguità pratica. Dunque, questo testo, con tutte le sue argomentazioni razionali e le sue ricostruzioni empirico-fattuali, può essere messo sul piatto della bilancia anche nell’ambito dei dibattiti in materia di bioetica e, più genericamente, di tecnoetica.

Ci preme sottolineare che non ci troviamo d'accordo con tutte le idee e le interpretazioni espresse dall’autore. Inoltre, poteva rivelarsi utile un confronto approfondito tra le varie etiche delle professioni. In altre parole, l'ethos delle istituzioni scientifiche poteva essere ulteriormente spiegato, attraverso una comparazione con l’etica degli affari o l’etica degli avvocati. Ci rendiamo, comunque, conto che il campo d’indagine non poteva essere allargato a dismisura. E, in ogni caso, questa divergenza di opinioni non inficia per nulla la validità e l’importanza dell'opera ai nostri occhi. Nonostante Campa mostri di avere precisi orientamenti ideologici, dai quali viene a dipendere la struttura del testo e la selezione dei fatti, va rilevato che – molto onestamente – il filosofo rende espliciti questi orientamenti o bias e si fa premura di distinguere sempre in modo chiaro la ricostruzione dei fatti e delle idee, dalla loro valutazione, ossia gli aspetti descrittivi da quelli normativi dell’analisi. In tal modo, offre la possibilità anche ad un ipotetico lettore diversamente orientato sul piano ideologico di trarre comunque beneficio dalla lettura dell’opera.

L’imponente massa di dati e informazioni storiche raccolte, ricostruite e interpretate dall’autore, possono essere di grande aiuto a chiunque voglia avvicinarsi al tema, senza dover necessariamente condividere l’impostazione dell’autore, che – con una formula coincisa – potremmo definire neorazionalista o neoscientista.

Possiamo dunque concludere dicendo che Campa, sforzandosi di separare per quanto possibile la doxa dall’episteme, riesce a mettere in pratica quella norma dell’onestà intellettuale di cui, proprio con questo libro, scrive la storia.

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