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Divenire

Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e sul postumano

LA RIVISTA

Presentazione

Divenire è il titolo di una serie di volumi incentrati sull'interazione tra lo sviluppo vertiginoso della tecnica e l'evoluzione biologica dell'uomo e delle altre specie, ovvero votati allo studio dei rapporti tra la tecnosfera e la biosfera. Gli autori, provenienti da diverse aree disciplinari e orientamenti ideologici, sviluppano la propria analisi con occhio attento al probabile esito finale di queste mutazioni casuali o pianificate: il postumano. Sono dunque studi che sul piano temporale spaziano nel presente, nel passato e nel futuro, mentre sul piano della prospettiva disciplinare sono aperti a idee e metodi provenienti da diverse aree di ricerca, che vanno dalle scienze sociali alle scienze naturali, dalla filosofia all'ingegneria, dal diritto alla critica letteraria.

Ogni volume ha quattro sezioni. In Attualità compaiono studi attinenti a problematiche metatecniche del presente. Genealogia è dedicata a studi storici sui precursori delle attuali tendenze transumanistiche, futuristiche, prometeiche — dunque al passato della metatecnica. In Futurologia trovano spazio esplorazioni ipotetiche del futuro, da parte di futurologi e scrittori di fantascienza. Libreria è dedicata ad analisi critiche di libri su tecnoscienza, postumano, transumanesimo.
I volumi pubblicati finora (ora tutti leggibili in questo sito):

  1. D1. Bioetica e tecnica
  2. D2. Transumanismo e società
  3. D3. Speciale futurismo
  4. D4. Il superamento dell'umanismo
  5. D5. Intelligenza artificiale e robotica

Divenire 5 (2012) è interamente dedicato all'Intelligenza Artificiale (IA).

Intelligenze artificiose (Stefano Vaj) sostiene che il tema dell'automa (esecuzione di programmi antropomorfi o zoomorfi su piattaforma diversa da un cervello biologico) resta tuttora circondato da un vasto alone di misticismo: quando non viene negata in linea di principio la fattibilità dell'IA, ne viene esagerata escatologicamente la portata. (english version)

La maschera dell'intelligenza artificiale (Salvatore Rampone) indaga gli equivoci concettuali sottostanti alla domanda se una macchina abbia intelligenza o possa pensare e spiega perché l'IA debba nascondersi sotto la maschera del Soft computing.

Il problema filosofico dell'IA forte e le prospettive future (Domenico Dodaro) Analizza il tema della coscienza  semantica mettendo in luce i suoi  aspetti corporei e considera la possibilità di implementarli in sistemi artificiali. Sono valutati sia i limiti tecnologici e computazionali della riproduzione artificiale della coscienza (intesa come una facoltà del vivente) sia i programmi di ricerca più fecondi al fine di arginarli.

Cervelli artificiali? (Emanuele Ratti) espone il progetto di ricerca forse più ardito nel campo dell'IA che emula funzioni e organi biologici: il cervello artificiale di Hugo de Garis, introducendo concetti chiave di questo settore disciplinare come rete neurale e algoritmo genetico.

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Presentazione

Automi e lavoratori. Per una sociologia dell'intelligenza artificiale (Riccardo Campa) sposta l'attenzione sull'impatto economico e sociale della computerizzazione e della robotizzazione. Quali effetti sull'occupazione e quali correttivi per massimizzare i benefici e minimizzare gli effetti indesiderati? Proiettando il tema nel futuro, vengono analizzati i possibili scenari, in dipendenza di diverse politiche (o non-politiche) dello sviluppo tecnologico.

Il nostro cervello cinese (Danilo Campanella) riporta l'origine dei calcolatori moderni all'antica Cina. Utilizzando matematica, teologia e misticismo, i cinesi elaborarono i primi rudimenti del linguaggio binario, poi rubato dagli occidentali.

Alan Turing: uno spirito transumanista (Domenico Dodaro) Sono esposte le ragioni per cui Turing può essere definito un pensatore transumanista. Il matematico inglese è in genere descritto solo come padre dell'IA tradizionalmente intesa. L'analisi dell'autore dimostra invece la sua vicinanza ai temi delle "nuove scienze cognitive" e della computazione complessa (o ipercomputazione).

Passato, presente e futuro dell'Intelligenza Artificiale (Bruno Lenzi). L'articolo mostra, su un arco temporale molto ampio, fallimenti, riuscite, pericoli e scoperte delle scienze cognitive, sottolineando che l'IA non è questione solo tecnico-scientifica, racchiude germogli e frutti maturi in ogni area del sapere, e potrebbe essere molto diversa dall'intelligenza umana.

Post-embodied AI (Ben Goertzel). L'autore, uno dei principali sostenitori dell'AI forte, analizza la questione filosofica dell'embodiment: una intelligenza artificiale forte (capace di risolvere problemi in domini nuovi, di comunicare spontaneamente, di elaborare strategie nuove) deve necessariamente avere un body?

Nanotecnologia: dalla materia alle macchine pensanti (Ugo Spezza) spiega questo ramo della scienza applicata che progetta nanomacchine e nanomateriali in molteplici settori di ricerca: biologia molecolare, chimica, meccanica, elettronica ed informatica. L'articolo presenta le applicazioni già esistenti e le fantastiche potenzialità progettuali, dai nanobot per il settore medico ai neuroni artificiali.

Verso l'Intelligenza artificiale generale (Gabriele Rossi) introduce la Matematica dei Modelli di Riferimento degli iLabs ed esplora i potenziali vantaggi di questa prospettiva alla luce di alcune questioni teoriche di fondo che pervadono tutta la storia della disciplina.

Ich bin ein Singularitarian (Giuseppe Vatinno) è una recensione di La singolarità è vicina di Ray Kurzweil.

NUMERI DELLA RIVISTA

Divenire 1. Bioetica e tecnica

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 2. Transumanismo e società

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 3. Speciale futurismo

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 4. Il superamento dell'umanismo

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 5. Intelligenza artificiale e robotica

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

RICERCHE

1

2

3

4

CHI SIAMO

Comitato scientifico

Riccardo Campa
Docente di metodologia delle scienze sociali all'Università Jagiellonica di Cracovia
Patrizia Cioffi
Docente di neurochirurgia all'Università di Firenze
Amara Graps
Ricercatrice di astronomia all'Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario
James Hughes
Docente di sociologia medica al Trinity College del Connecticut
Giuseppe Lucchini
Docente di statistica medica all'Università di Brescia
Alberto Masala
Ricercatore di filosofia all'Università La Sorbonne (Paris IV)
Giulio Prisco
Vice-presidente della World Transhumanist Association
Salvatore Rampone
Docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni all'Università degli studi del Sannio
Stefan Lorenz Sorgner
Docente di filosofia all'Università di Erfurt
Stefano Sutti
Docente di diritto delle nuove tecnologie all'Università di Padova
Natasha Vita-More
Fondatrice e direttrice del Transhumanist Arts & Culture H+ Labs

Ait

L'AIT (Associazione Italiana Transumanisti) è un'organizzazione senza scopo di lucro con la missione di promuovere, in ambito culturale, sociale e politico, le tecnologie di potenziamento dell'essere umano.

Fondata nel 2004, è stata formalizzata mediante atto pubblico nel 2006 ed ha avviato le pratiche per ottenere il riconoscimento.

Sede legale AIT: via Montenapoleone 8, 20121 Milano

Sito internet AIT: www.transumanisti.it (>)

Pubblica questa rivista: Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano

Curatore: Riccardo Campa

Segretaria di redazione: Nicoletta Barbaglia

Art director: Emmanuele Pilia (>)

Gruppo di Divenire su Facebook: (>)

Contatti

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Riproduzione umana: istruzioni per l'uso

Autore: Stefano Vaj

da: Divenire 1, Attualità () | pdf | stampa

Un punto non a caso centrale delle crociate anti-transumaniste concerne le tecnologie pertinenti alla riproduzione umana (e del resto più in generale animale). In effetti, la questione dell’autodeterminazione riproduttiva della nostra specie rappresenta un nodo cruciale del passaggio a quello che è stato definito terzo uomo (quello cioè chiamato a succedere al primo uomo ed all'uomo della rivoluzione neolitica), e comunque la 'minaccia' più immediata nel senso di una possibile trasformazione postumana. Non sorprende così che sia proprio su tale aspetto che si concentrano oggi le polemiche e le campagne proibizioniste del bioluddismo di ogni provenienza, con quello di matrice religiosa naturalmente in prima fila.

Il processo, faustiano quanto 'blasfemo', di appropriazione 'tran-sumana' dei nostri meccanismi riproduttivi viene ormai da lontano. Già la scoperta di tecniche di controllo delle nascite affidabili, sicure, e che interferiscono scarsamente con l'esplicazione della vita sessuale degli individui coinvolti 1 , se da un lato potenzialmente facilita oggi il 'suicidio demografico' di alcune popolazioni (tendenza che d'altronde è sempre stata una costante storica dei periodi di decadenza), dall'altro consente una deliberata scelta del partner con cui si desidera procreare e sulla cui prole è destinato a concentrarsi l'investimento parentale dell'interessato.

Se la scelta 'tradizionale' e 'naturale' del partner sessuale è comandata, nell'uomo come negli animali, principalmente dal 'sussurro dei geni' sociobiologico, la scelta procreativa consentita dalla contraccezione diventa una opzione del tutto cosciente e tendenzialmente sganciata dalle pulsioni individuali o (come diversamente accadrebbe specie in coloro che hanno più tendenza alla promiscuità) dal semplice gioco del caso. Ciò naturalmente enfatizza il ruolo della cultura in tale scelta, nonché la responsabilità interamente umana al riguardo nella società moderna. L'identità del proprio partner riproduttivo non può più essere attribuita ad un attimo di... distrazione, ad uno stupro, ad una serata di baldoria, o al primo 'interlocutore' resosi disponibile al termine di un periodo di astinenza forzata.

Similmente, il fatto che l’aborto sia divenuto relativamente sicuro e indolore, e sia stato reso (a prescindere dalle finalità perseguite) sostanzialmente discrezionale, almeno nel primo periodo di gravidanza, dalla maggior parte degli ordinamenti 2 , fa sì d’altronde che diventi impossibile, nel bene e nel male, prevenire una eliminazione e/o selezione prenatale dei nascituri per ragioni sostanzialmente arbitrarie 3 .

La prima inseminazione artificiale umana pienamente documentata risale al 1884, anno in cui Nietzsche termina La gaia scienza, e vede una donna farsi fecondare, tramite l’intervento del ginecologo inglese William Pancoast, con lo sperma di uno studente di medicina, da questa neppure conosciuto. Come ricordato in "Riproduzione umana: dalle origini ai nostri giorni" (Coppola e Coppola, 2007), ciò non fa che prolungare pratiche già utilizzate dagli arabi per le razze equine e descritte in un codice del 1322, e le esperienze di John Hunter e di Michel Augustine Touret nella seconda metà del settecento.

L'importanza pratica della tecnica cambia d’altronde drasticamente negli anni settanta dello scorso secolo, quando la conservazione in azoto liquido degli spermatozoi rese possibile lo stoccaggio di grandi quantità di campioni di sperma, e la loro utilizzazione a piacere, permettendo tra l’altro la selezione delle caratteristiche del donatore, al punto da venire oggi utilizzata su larghissima scala nella riproduzione animale. Così, nella stessa epoca vengono per la prima volta costituite banche del seme che consentono in linea di principio alla madre (o al medico) di scegliere un donatore sulla base di qualsiasi caratteristica o gruppo di caratteristiche siano state ordinatamente registrate all’atto della raccolta, tra cui altezza, corporatura, colore degli occhi, quoziente di intelligenza, background etnico e religioso, e addirittura nazionalità 4 .

Già all’epoca della guerra del Vietnam giovani americani depositarono il loro seme in banche specializzate per garantire alle loro mogli di poter comunque concepire loro un figlio ove non fossero più tornati. Nota Chiara Valentini (2004): «L’associazione tra paternità e partenza per la guerra è antica, moltissime fonti l’attestano, è consegnata alla cultura popolare. Quando il soldato canta "Addio, mia bella, addio", aggiunge, a parziale consolazione: "ma non ti lascio sola, ché ti lascio un figlio, amor". Oggi il soldato può lasciare, oltre a un figlio, la semplice possibilità che questo nasca, proiettando la sua capacità di procreare oltre la fine stessa della vita. [...] Ma non si è spinti al deposito e alla congelazione del seme soltanto dal timore della morte»; oggi, i soldati ed altre persone a rischio possono piuttosto volersi «garantire la possibilità della procreazione nel caso in cui ferite o intossicazioni ne possano pregiudicare la fertilità. Da anni si ricorre alle banche del seme proprio quando si teme che, per esempio per effetto di un intervento chirurgico, si possa perdere la capacità di generare».

Nel 1978 è la volta della prima procreazione extra-corporea o FIVET 5 , in cui un ovulo prelevato dalla madre venne fecondato in laboratorio e reimpiantato dopo tre divisioni cellulari (in questo caso nella madre biologica), dando vita ad una bambina, Lousie Brown, concepita a Manchester con l’aiuto di Patrick Steptoe e Robert Edwards 6 . Ciò smentiva la National Academy of Sciences americana, che nel 1970 aveva incaricato una commissione di studiare i tempi necessari per la messa a punto della fecondazione in vitro, ed aveva concluso che ci sarebbero voluti come minimo venticinque anni. Per poco, del resto, tale fondamentale esperimento non era stato anticipato di una decina d’anni da un italiano, Daniele Petrucci, che fin dal 1961 aveva ottenuto una fecondazione in provetta e mantenuto in vita l’embrione per trenta giorni (salvo poi, preso dal panico, distruggerlo, senza con ciò scampare le reprimende di Civiltà cattolica); e che apparentemente sarebbe stato qualche anno dopo addirittura interrotto nel tentativo di impianto di un embrione dall’intervento di un sacerdote, inviato dal vescovo di Bologna, a paziente già addormentata (!) 7 .

Ormai circa un milione di bambini sono nati da allora in questo modo, in tutto il mondo. Di questi, almeno diecimila sono nati dopo una gestazione avvenuta in una donna diversa dalla madre biologica, e geneticamente del tutto estranea all'embrione. Tali fattispecie comprendono ovviamente sia i casi in cui la 'madre' sterile riceve la donazione di un ovulo che quelle in cui la madre ricorre ad un utero surrogato per il fatto di non essere capace, o disposta, a portare a termine una gravidanza. Gli allarmi quanto all'impossibilità di considerare e trattare normalmente i bambini nati in tal modo, a suo tempo proclamati da Leon R. Kass, già a capo del Comitato Presidenziale americano sulla bioetica, e Jeremy Rifkin – la cui iniziale opposizione all'IVF è stata dal primo abbandonata, dal secondo persino... smentita, malgrado i suoi scritti più antichi testimonino altrimenti, si sono scontrati con la più completa indifferenza da parte degli ambienti sociali di tali bambini (Stock 2005), che hanno in qualche caso ormai raggiunto i venticinque anni, e che non sono in media considerati più "speciali" di quanti tra noi siano nati da un taglio cesareo piuttosto che da un parto naturale (cosa che non impedirà più di tardi di riprendere lo stesso Leitmotiv con riguardo ai possibili bambini prodotti mediante clonazione o partenogenesi).

Nel 1984, a Melbourne, nasce il primo bambino sviluppatosi da un embrione congelato, ed inizia la pratica di espiantare il numero desiderato di ovuli della madre in unica soluzione, eliminando lo stress della continua stimolazione ormonale delle ovaie per il prelievo degli ovuli, che vengono successivamente raccolti, fecondati, conservati e tenuti a disposizione per il futuro ed eventuale reimpianto 8 .

Molto più complicata, ma già sperimentata con successo per molte specie, la conservazione degli ovociti, che a differenza degli spermatozooi, o degli embrioni stessi, di per sé sopportano male il congelamento, raramente sono fecondati anche quando l’abbiamo sopportata, e raramente danno corso con successo a gravidanze anche quando siano fecondati. Proprio in Italia, d’altronde, almeno tre bambini sono già nati da ovuli congelati. Mentre poi lo sperma è per definizione abbondante in natura 9 , «un grandissimo numero di giovani donne metterebbe verosimilmente 'in banca' le proprie uova se potesse farlo facilmente», constata Gregory Stock: «questo calmerebbe se non altro l’ansia relativa all’esaurirsi dei loro orologi biologici. Molte di tali donne certo non userebbero poi mai le loro uova conservate, e concepirebbero i loro bambini attraverso il sesso [tenendo queste ultime unicamente 'per sicurezza']. Ma altre donne sceglierebbero di farsi direttamente impiantare un embrione, [dopo aver fatto fecondare un certo numero di ovociti], vedendo la cosa come una procedura banale, troppo comoda per farne a meno» (Stock 2005).

Anche in Italia, sin dall’inizio degli anni novanta «autorevoli riviste scientifiche hanno fatto delle proposte in questo senso» ricorda Luigi Frigerio, citando «per esempio, la possibilità di crioconservare ovuli nelle pazienti che si debbano sottoporre a terapie oncologiche con il rischio di perdere la fertilità. Ancora: è stata proposta questa tecnica nelle donne che vogliono [...] evitare i rischi genetici di una maternità in età tardiva. Ancora: prima della sterilizzazione tubarica, per il caso che la donna poi cambiasse idea; o in caso di rischio genetico, per poi eseguire un controllo qualitativo sul concepito» (Garrone 2001).

Un aspetto curioso della conservazione degli ovociti, come notato in La révolution biolithique. Humains artificiels et machines animées (Kempf 1998), è che gli ovociti in questione possono essere addirittura prelevati da femmine allo stato fetale. E’ così possibile far nascere bambini la cui madre biologica non abbia mai vissuto, dopo fecondazione con il seme desiderato ed impianto in una madre ospite, non importa se sterile o a sua volta feconda.

In ogni modo, l’ampia diffusione di tali tecniche ha certo un potenziale significato di grande rilevanza non solo come oggi con riguardo a problemi di fertilità individuale, ma soprattutto con riguardo alla natalità delle popolazioni e segmenti di popolazioni che sono più esposti a pressioni sociali anti-demografiche nell’ambito delle società occidentali, ad esempio legate ai tempi lunghi necessari per assicurarsi un'indipendenza economica, o per evitare che la cura della prole interferisca con le prospettive di sviluppo sociale e professionale degli individui coinvolti; e il rilievo di tali fattori in termini di selezione negativa, o di aggravamento dei differenziali demografici tra componenti etniche diverse, non ha certo bisogno di illustrazioni nella nostra epoca. Ciò ha di per sé un significato con riguardo alle minaccie disgeniche da taluni riconnessi a strutture sociali che potrebbero paradossalmente associare successo riproduttivo e irresponsabilità, specie in presenza di una progressiva rimozione dei tradizionali fattori compensativi (Vaj 2005).

Ma naturalmente ciò che più conta da un punto di visa transumanista è il fatto che la facilità con cui è oggi possibile conservare e trattare spermatozooi, ovuli ed embrioni, fuori dall’utero ed in numeri non vincolati alla biologia della gravidanza umana (o se per questo animale), potendone poi assicurare la vitalità nel momento desiderato, è fondamentale ai fini di ogni possibile procedura di esame, selezione, ed intervento sulla linea germinale, in particolare in vista dell’eliminazione o 'riparazione' di embrioni portatori di tare genetiche, e della programmazione deliberata di caratteristiche del fenotipo.

Ciò viene appunto ad aggiungersi al significato che già oggi assumono nel medesimo senso la disponibilità di tecniche raffinate di diagnosi prenatale ed aborto selettivo; di metodi di identificazione certa dei genitori biologici, ed in particolare del padre, attraverso l’esame del DNA o dei gruppi eritrocitari rari; e, come già notato, di metodi anticoncezionali efficaci, sicuri ed a basso costo 10 .

Non solo. In certo modo, l’opposizione alla IVF (in-vitro fecondation) – o 'procreazione assistita', come è politicamente corretto chiamarla in Italia per escluderne qualsiasi funzione diversa da quella di rimedio a difficoltà procreative – ha in effetti un senso per i bioetici come Kass ed i suoi emuli italiani come Francesco d'Agostino, per ragioni che poco hanno a che vedere con la retorica sulla dignità umana o i richiami religiosi, e che consistono esattamente nel fatto che la relativa tecnologia rappresenta ovviamente l'unica possibile porta d'accesso, in campo animale e umano, a tutte le manipolazioni della biologia umana che vadano al di là delle misure eugenetiche tradizionali e dell'aborto selettivo 11 . È solo la fecondazione in vitro infatti che può consentire la PGD (pre-implantation genetic diagnosis, ovvero lo screening e la scelta degli embrioni a seconda del loro genotipo), la clonazione, la partenogenesi e soprattutto gli interventi diretti sulla linea germinale, ovvero l’ingegneria genetica propriamente detta. Come nota Stock, «a coloro che si occupano di infertilità non potrebbe importare di meno di remote nozioni come ridisegnare gli esseri umani: sono tutti troppo occupati a dare supporto psicologico ai pazienti, ad eseguire ecografie, ad aspirare uova, supervisionare procedure di laboratorio, impiantare embrioni. Sono integralmente impegnati nel qui ed ora, con uomini e donne che per lo più hanno difficoltà ad avere bambini di cui hanno grande desiderio. La portata più ampia del loro lavoro è comunque inequivocabile», specie con riguardo alla concepibilità stessa delle tecnologie discusse (Stock 2005).

Riconosce d’altro canto Vittorio Possenti dell’Università di Venezia, membro quando scriviamo del nostro lottizzato Comitato Nazionale di Bioetica: «Le nuove tecniche [della fecondazione assistita] cambiano il nostro modo di guardare alla procreazione, alla nascita, alla vita, alla famiglia, accendono i desideri, creano nell’immaginario collettivo una nuova percezione della paternità, maternità, figliolanza, sviluppano attese e paure inedite, danno all’uomo un sentimento di onnipotenza... Non pare dunque scenario inventato che i successi della scienza e la fiducia in essa che facilmente producono, uniti alla mentalità eugenetica che va prendendo piede, conducano a ritenere che la vera e sicura generazione sia quella interamente artificiale, non più il naturale concepimento seguito da gravidanza» (Garrone 2001). E ciò malgrado il fatto che la legge italiana esplicitamente restringa il ricorso alla fecondazione artificiale ai casi di sterilità o infertilità di coppia, ad esclusione di qualsiasi altro scopo! 12

In modo del tutto convergente, chi fa già oggi ricorso alla IVF, con correlativa selezione dei gameti o degli embrioni effettivamente utilizzati, sarà automaticamente incline a fare uso di tutti gli strumenti disponibili inerenti alla possibilità di determinare le caratteristiche del figlio da ottenere, sia attraverso quanto si rende spontaneamente disponibile a seguito degli incontri tra i gameti dei due partner, sia attraverso l’alterazione del codice genetico loro tramite trasmesso.

Nel mentre che l’aborto resta largamente consentito in vista di un’incomprimibile deferenza per i 'diritti umani' della madre, la questione più o meno ridicola quanto all’esistenza di uno stadio di 'pre-embrione', in particolare prima del quattordicesimo giorno successivo alla fecondazione 13 , rileva non solo ai fini di trovare scappatoie per la morale cattolica in materia di fecondazione artificiale che siano meno macchinose delle soluzioni ‘tecniche’ attualmente ipotizzate 14 . Tale problematica figura potrebbe essere infatti necessaria ad eludere le norme sulla ricerca biomedica sugli esseri umani contenuti in codici e dichiarazioni internazionali, a cominciare dal Codice di Norimberga del 1947, sino alle Direttive Etiche Internazionali per la Ricerca Biomedica Condotta su Soggetti Umani del 1993 (CIOMS 1993).

Mentre la procreazione assistita ha comunque definitivamente introdotto una parte delle tecniche necessarie alla futura fattibilità di interventi sulla linea germinale umana, abbiamo già visto come un'altra decisiva componente di tali tecniche sia stata generata come sottoprodotto della cosiddetta 'clonazione terapeutica'. Mentre non è chiaro se bambini clonati già camminino sulla terra 15 , gli embrioni umani prodotti da cellule qualsiasi in dalla primavera del 2005 in Inghilterra ed in Corea in vista di possibili 'terapie staminali' distano da un bambino solo l’impianto in un utero disponibile secondo modalità ormai ben esplorate, e garantiscono perciò la ripetibilità indefinita delle operazioni e delle sperimentazioni. Tale possibilità appare ulteriormente rafforzata dalla notizia di un recente break-through nella clonazione di embrioni da cellule di primati adulti (Connor 2007); e prima ancora dalla possibilità, che pare indicata da alcune ricerche inglesi, di trapiantare il DNA umano in un ovulo di provenienza vaccina, evitando le macchinose e poco salutari procedure necessarie al prelievo di ovuli da donatrici umane (Sheriff 2006).

La clonazione, forse proprio in quanto traguardo a breve termine, diventa così forse 'il' focus principale di tutto il movimento bioluddita a livello mondiale. Scrive al riguardo Alexander: «C’è sempre stata opposizione al fatto di 'pasticciare con la Natura'. All’inizio del Rinascimento, la chiesa sosteneva che la dissezione dei cadaveri fosse un sacrilegio. Frankenstein venne scritto come un’arringa per la supremazia del sublime in natura sulla possibilità che i nuovi esperimenti sull’elettricità potessero sfidarla 'rianimando' dei tessuti. La fecondazione artificiale sperimentata da John Hammond era stata messa al bando dalla Chiesa di Inghilterra. E, naturalmente, ci fu il Mondo Nuovo di Huxley dopo Haldane. Ma fino alle cellule staminali, a Dolly, all’ingegneria del gene, e al movimento verso l'informazione genetica come prodotto di largo consumo, questi argomenti erano del tutto accademici. L'elettricità in effetti non rianima affatto tessuti morti. Ora, d’altra parte, la science fiction di colpo non sembra più tanto fiction» (Alexander 2003). Ed aggiunge: «La realtà della clonazione e delle cellule staminali tirò fuori i bioludditi come Kass dal margine del dibattito politico e galvanizzò una strana coalizione tra politicanti conservatori, cristiani evangelici, la chiesa cattolica, intellettuali di sinistra ed ambientalisti verdi, i quali tutti realizzavano, come d’altra parte il piccolo movimento bioutopista, che le tecnologie dei geni, applicate alle cellule staminali ed alla clonazione, potrebbero finalmente permettere agli umani di decidere del loro futuro biologico. Con la tecnica della clonazione è possibile ingegnerizzare una cellula con un tratto desiderato, inserire questa cellula in un uovo, ed ottenere una creatura su misura. E’ per questo che è stata inventata. Le cellule staminali rendono la cosa ancora più semplice, come è successo per i topi di laboratorio customizzati. Questa prospettiva guida l'improbabile alleanza. [...] Nessuna iperbole è eccessiva se ottiene il risultato di spaventare a morte il pubblico. Kass ha persino parificato la lotta contro i mali della biotecnologia con la lotta contro il terrorismo internazionale: "il futuro umano riposa sulla nostra capacità di navigare evitando gli inumani Osama Bin Laden e i post-umani adepti del Mondo Nuovo (ibidem).

In effetti, per l’ex-capo del Consiglio Presidenziale sulla Bioetica di Bush jr., come per Fukuyama, siamo sull’orlo di trasformarci in post-umani. Leggiamo così all’inizio della sua opera più nota: «Non ci rendiamo ancora conto della gravità della nostra situazione... Il processo postumanista è già cominciato. La 'pillola'. La fecondazione in vitro. Embrioni in bottiglia. Uteri in affitto. Clonazione. Diagnosi prenatale e screeening genetico. Manipolazione genetica. Coltivazione di organi. Parti di ricambio meccaniche. Chimere. Impianti cerebrali. Ritalin per i bambini, Viagra per i vecchi, Prozac per tutti. E, per lasciare questa valle di lacrime, un po' di morfina in più accompagnata da Muzak» (Kass 2002; vedi anche Kass 2004). Nota Alexander: «Nello spazio di due pagine, Kass riesce ad evocare praticamente tutti i babau del ventesimo secolo, persino i nazisti» (Alexander 2003).

Naturalmente la popolarizzazione di queste ‘battaglie’ continua a generare mostri. Nel dibattito sulle leggi americane contro la clonazione umana, che l’amministrazione Bush tenta di estendere al mondo in particolare tramite l’ONU 16 , il parlamentare relatore, Cliff Stearns della Florida, ha brillantemente spiegato: «Quando fai un clone ci sono questi tentacoli, parte dell’ovulo. Loro li tolgono. C’è un termine per questo. Quando cloni, non hai un esatto clone del materiale degli ovuli. I tentacoli vengono tutti rimossi... Il clone non li avrebbe, eppure io e voi li abbiamo quando nasciamo. Avremmo una categoria di qualcuno, di gente che non ha questi tentacoli e questa potrebbe essere gente inferiore o superiore» (Alexander 2003).

Commenta Alexander: «Questa è la sorta di spiegazione che fa sì che gli scienziati nascondano la testa tra le mani e restino senza parole. Ma queste concezioni sono diffuse. Nell'aprile 2002, l''esperto' George Will è apparso in televisione sulla rete ABC nella trasmissione This Week con George Stephanopoulos e ha sostenuto che tutte le forme di clonazione, terapeutica e non, dovrebbero essere bandite perché “le cellule sono entità con un genoma umano completo”. Di fatto, praticamente tutte le cellule umane, i globuli rossi rappresentando un’eccezione, hanno un genoma umano completo. Secondo la logica di Will, dovremmo rispettare ogni possibile cellula del nostro corpo, incluse eventuali cellule cancerogene» (ibidem).

In realtà, come è ovvio, mentre la clonazione colpisce paradossalmente l’immaginario collettivo più sensibile al discorso bioluddita in vista del rischio paventato che gli uomini possano davvero diventare... tutti uguali, essa non comporta di per sé alcuna riduzione della ricchezza genetica o della varietà della specie. In effetti, oltre al fatto che la clonazione consente studi sull’ereditarietà di caratteristiche specificamente umane come l''intelligenza' senza la limitazione estrema imposta dalla necessità di lavorare su gemelli monozigoti naturali (studi la cui potenziale valenza in campo antropologico, sanitario, educativo, etc., non può essere messa in discussione che da chi ne tema i risultati), risulta ovvio l'interesse a verificare come corredi genetici identici, e magari appartenenti a individui fenotipicamente eccezionali sotto qualche aspetto, possano esprimersi in contesti diversi, illimitatamente rinnovabili.

In verità, l’obiezione che il prezzo di tali vantaggi sarebbe una maggiore 'uniformizzazione' del genere umano – invero paradossale da parte di una cultura che dell’uguaglianza vorrebbe fare addirittura un valore – vale soltanto rispetto alla scelta di clonare in amplissima serie uno solo o pochi individui, e impedire al tempo stesso la riproduzione a tutti gli altri.

Scrive Gregory Stock: «Il fatto stesso che la clonazione umana è diventata il punto di raccolta dell’opposizione rispetto all’emergere delle nuove tecniche in materia di riproduzione enfatizza le difficoltà con cui tale opposizione è confrontata. La clonazione umana è principalmente un simbolo. Attrae solo una minuscola frangia. Neppure esiste ancora. Non potrebbe esistere un bersaglio più facile per il proibizionismo. E che restrizioni siano imposte o no alla ricerca fa poca differenza, perché, come anche Fukuyama e Kass non possono ignorare, se le procedure per la clonazione umana non arriveranno dalla porta principale, entreranno dalla finestra, probabilmente come sottoprodotto delle ricerche pubblicamente finanziate sulle cellule staminali dell’embrione... Tentativi di prevenire la clonazione umana negli Stati Uniti sposteranno semplicemente la ricerca altrove. Alla fine del 2002 il Regno Unito ha annunciato che aggiungerà altri quaranta milioni di sterline ai venti già investiti nella ricerca sulle cellule staminali. Il Giappone ha costruito un grande centro a Kobe con un bilancio annuale di novanta milioni di dollari. E Cina e Singapore si muovono in questa direzione ancora più aggressivamente» (Stock 2005).

In realtà, l'individuo clonato comporta una perdita genica per la specie soltanto nel caso in cui la sua nascita corrisponda ad un'estinzione del corredo genetico del potenziale partner riproduttivo del genitore; cioè, solo nel caso che tale partner sessuale sia destinato da parte sua a non procreare affatto in connessione alla scelta del genitore di dare vita a un clone. In mancanza di ciò, la riproduzione per clonazione non comporta un impoverimento più di quanto lo comporti la naturale nascita di gemelli monovulari negli animali superiori e nell'uomo, o la riproduzione partenogenetica tra gli animali e le piante che sono in grado di praticarla in alternativa alla riproduzione sessuata 17 . In campo animale, del resto, la clonazione è già usata tanto per perpetuare la stirpe di animali con caratteristiche eccezionali quanto per contribuire a preservare specie sull’orlo dell’estinzione (Lanza 2000). Similmente, la clonazione umana ben può essere deliberatamente utilizzata per preservare e diffondere differenziazioni desiderabili all’interno di una popolazione data, che magari sarebbero altrimenti destinate a scomparire e ad essere riassorbite, garantendone invece l’integrale trasmissione alla discendenza immediata degli individui coinvolti, e la sottrazione alla roulette genetica della riproduzione sessuale 18 .

L’ultimo passo nel controllo umano della riproduzione propria e degli altri mammiferi sarà la creazione di uteri artificiali e la gestazione integralmente in incubatrice, o ectogenesi. Se il taglio cesareo è praticato da duemila anni e il parto è oggi ampiamente pilotabile, da lungo tempo la tecnica medica è impegnata ad abbreviare progressivamente il tempo che un essere umano per sopravvivere deve trascorrere all’interno di un utero femminile, che è ormai sceso dai nove mesi canonici a meno di sei, grazie all’impiego di culle termostatiche, alimenti speciali, incubatrici con condizioni ambientali strettamente controllate, e altre terapie utili in caso di nascita prematura, naturale o provocata che sia.

Paradossalmente, la paranoia corrente in materia di aborto ed eutanasia neonatale (cfr. la campagna dell’amministrazione Reagan nel 1984 nei reparti maternità degli USA dopo il caso ‘Baby Doe’) contribuisce al progresso al riguardo. Nota James Hughes: «Così, grazie in parte alla destra cristiana, che vuole che trattiamo feti abortiti spontaneamente di venti settimane come bambini malati di tre anni, stiamo pagando un enorme prezzo in dollari, oneri familiari e disabilità, per creare le tecnologie della gestazione extrauterina che ci spingeranno, a loro volta, oltre lo specieismo e verso una cittadinanza di cyborg» (Hughes 2004).

Allo stesso tempo, abbiamo visto che un numero crescente di bambini nasce in piattini da laboratorio, dove l’embrione conosce già una breve fase di sviluppo prima di essere reimpiantato nell’utero della madre, o di un’altra donna che si presti a portare a termine la gravidanza. La realizzazione dell’ipotesi che già il biologo e teorico dell’eugenetica Jean Rostand (1894-1977) considerava inevitabile, una gestazione completamente extrauterina, viene ritenuta realizzabile in un periodo tra i dieci e i cinquant’anni, ed applicabile su larga scala nel periodo immediatamente successivo alla messa a punto delle tecniche relative.

Scrivono già nel 1995 Langer e Vacanti: «Per tenere in vita un feto fuori dall’utero umano, la difficoltà principale che bisogna superare è quella legata al fatto che i suoi polmoni immaturi sono incapaci di respirare. [L’ossigenazione dei tessuti potrebbe essere d’altronde garantita tenendoli immersi] in liquidi come i perfluoro-carburi, che trasportano ossigeno e biossido di carbonio in quantità elevate. [...] Una pompa potrebbe mantenere la circolazione del fluido costante e continua, agevolando lo scambio gassoso. [...] L'utero artificiale andrebbe poi equipaggiato con un apparecchio filtrante al fine di rimuovere le tossine dal liquido. Il nutrimento potrebbe essere fornito per via endovenosa, esattamente come avviene da parte della madre tramite il cordone ombelicale. Un utero di questo tipo diventerebbe un sistema autonomo nel quale lo sviluppo e la crescita potrebbero procedere normalmente sino alla 'nascita' del bambino» (Langer, Vacanti 1995).

Esperimenti di questo tipo sono già in corso da tempo. Dopo il lavoro pionieristico di Yoshinori Kuwabara nel 1990 all’Università Juntendo di Tokio sui perfluorocarburi e la possibilità di utilizzare tali sostanze per ossigenare il feto mantenendolo immerso in un liquido 'respirabile', notevoli successi sono stati ottenuti con feti di capriolo nel 1997 mantenuti in un liquido amniotico artificiale e nutriti attraverso un sistema di circolazione extracorporea. Un sistema misto, che conserva la placenta originale, è stato studiato sempre su caprioli da Robert Guidoin all’Università Laval nel Quebec (Kempf 1998).

In effetti, come le tecniche in questione sono applicabili anche con riguardo alla riproduzione animale, non è necessario che in tali uteri siano prodotti embrioni interi, essendo perfettamente possibile attraverso la manipolazione genica inibire la crescita di tutte le parti del corpo tranne quella che si desidera far crescere (affiancata naturalmente ad un sistema circolatorio e a un 'cuore', naturale o meccanico), così per un prosciutto di Parma o un filetto di bue come per un 'clone' del pancreas del paziente diabetico (Connor e Cadbury 1997). Tali prodotti possono essere poi il frutto di incroci deliberati tra gameti sessuali selezionati dall’operatore, o della clonazione di cellule di individui già esistenti; ed a loro volta possono essere 'naturali' o transgenici a piacere. In ultima analisi, il lento processo tramite cui il secondo uomo ha progressivamente acquisito il controllo della riproduzione vegetale, verrà ad estendersi nei prossimi anni all’insieme del vivente, specie umana compresa.

Pertanto, nel secolo che Rifkin definisce biotech century potremo renderci del tutto padroni – e saremo in ogni caso nel bene e nel male integralmente responsabili – del panorama umano e naturale su cui viene ad insistere, così come della sua composizione e demografia.

Bibliografia

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Sitografia

Note

  • 1 Persino il cattolicissimo metodo Ogino-Knaus mantiene una qualche efficacia, almeno statistica, ed il suo 'costo' soggettivo non eccede quello di pochi giorni di astinenza al mese in coincidenza con il periodo dell'ovulazione femminile, periodo del resto identificabile oggi con vari metodi di discreta accuratezza e praticità, ivi compreso per favorire, anziché prevenire, il concepimento (pratica quest'ultima reputata invece immorale, per ragioni non chiare). Vedi La Regolazione Naturale della Fertilità. Scienza, Cultura, Esperienza (Barbato 1993).
  • 2 In effetti, persino l’amministrazione di George W. Bush, malgrado le ben note opinioni personali dei suoi esponenti e le pressioni dei suoi sostenitori, ha presto rinunciato a velleità abolizioniste in materia di legalizzazione dell'aborto. Solo il fatto che un programma del genere fosse concepibile, mostra comunque la strada fatta dalle relative idee nell''America profonda'.
  • 3 Ad esempio, dato che una semplice ecografia consente di accertare il sesso del nascituro, l’aborto ha consentito il ridispiegarsi della selezione del sesso dei nascituri che alcune culture praticavano tradizionalmente attraverso l’infanticidio o l’esposizione dei neonati. «Uno studio a Bombay ha riportato che uno stupefacente numero di 7987 feti abortiti su 8000 erano femmine, e in Corea del Sud questi aborti sono divenuti così diffusi che il 65% dei terzi nati sono maschi, presumibilmente perché molte coppie che hanno già avuto due figlie femmine non sono disposte ad accoglierne una terza... Secondo un recente sondaggio negli Stati Uniti, solo il 32% dei medici ritiene che tali pratiche dovrebbero essere illegali. Il supporto popolare per una loro messa al bando va da quasi il 100% in Portogallo al 22% in Cina. Benché si possa essere a disagio di fronte all’idea che i feti vengano discriminati sulla base del loro sesso, nei sistemi giuridici che ammettono l’aborto a discrezione della madre il divieto della selezione per sesso richiederebbe una notevole contorsione legislativa, e sarebbe sostanzialmente impraticabile, richiedendo un’indagine psicologica impossibile quanto al movente della decisione» (Stock 2005). Similmente, tutte le leggi del mondo sulla discriminazione non possono impedire ad una madre di abortire deliberatamente un figlio meticcio, il cui parto tra l'altro renderebbe in vari casi manifesto il suo concepimento all'esterno della comunità e/o della coppia di appartenenza.
  • 4 Vedi Artificial Insemination Practice in the United States. Summary of a 1987 Survey-Background Paper (US Congress Office of Technology Assessment 1988). Con la demenziale Legge n. 40/2004, la selezione delle caratteristiche del donatore dello sperma – fortunatamente ancora consentita ove l'interessata se lo faccia somministrare nel modo... tradizionale – non è più chiaro se sia ancora lecita nel nostro paese.
  • 5 In effetti, il primo tentativo di fecondare un ovulo umano in laboratorio pare sia stato quello di John Rock e Miriam Menkin, per cui gli stessi vennero trattati da 'scriteriati'. D'altronde, nota Chiara Valentini, «si era nel 1944, nel pieno della guerra mondiale contro il nazismo, ed era facile sospettare di eugenetica un esperimento come quello. Vari scienziati erano arrivati ad accursare la povera Miriam Menkin di "stupro in provetta"» (Valentini 2004).
  • 6 Per la storia della vicenda, vedi Our Miracle Called Louise. A Parents' Story (Brown e Brown 1979). Malgrado lo stadio assolutamente rudimentale delle tecniche dell'epoca, Leslie Brown riuscì poco dopo ad avere un'altra figlia, Natalie, nello stesso modo.
  • 7 La sua assistente Laura De Paoli, cui si deve questa storia, ha comunque raccontato a Chiara Valentini (2004) che almeno dieci anni prima della nascita in Inghilterra di Louise Brown, Petrucci, morto d’infarto nel 1973, avrebbe proceduto a vari impianti clandestini di embrioni in Germania e in Italia. La posizione ufficiale della Chiesa cattolica al riguardo sarà sancita dalle quaranta pagine dell’"Istruzione sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione", volute da Giovanni Paolo II e firmate dal cardinale Ratzinger (poi asceso al soglio pontificio sotto il nome di Benedetto XVI). Meno scontate, ed interessanti, le iniziali opposizioni all'IVF di parte femminista (un collettivo internazionale, il FINRAGE, arriva a scrivere, non a torto, che «il concepimento fuori dal corpo della madre facilita la manipolazione ed il controllo eugenetico»); e soprattutto quelle radicate nell’ambiente verde-ecologista. «Come per altre manipolazioni della natura, anche sui "bambini artificiali" c’era il sospetto di una "sfida al limite", come in altri campi dominati dalla cultura scientista. Forzando questo punto di vista, un gruppo di ambientalisti per lo più maschi fra cui il leader verde Alex Langer avevano pubblicato un documento per dichiararsi solidali con il cardinale Ratzinger nella sua condanna della provetta e delle manipolazioni genetiche. L’aspetto più interessante è che nella polemica che ne era seguita, varie intellettuali si erano dissociate non tanto sul merito della questione, quanto sulla scelta di allearsi con un’istituzione sempre più conservatrice come la chiesa» (Valentini 2004). Vedi anche lo scritto di un gruppo di redattrici di Nuova Ecologia intitolato "Quanta confusione su Ratzinger" (AA.VV. 1987).
  • 8 Ciò naturalmente a prescindere dalle bizzarre della già citata Legge n. 40/2004 che in Italia, "cristianamente" considerando omicida e blasfema la manipolazione e il possibile spreco degli embrioni, prevede oggi che questi possano sì essere stoccati, ma... pochi per volta (vedi il bizzarro compromesso della "regola dei tre embrioni": «dato che non abbiamo il coraggio di vietare semplicemente la pratica, e che uno è troppo poco perché la fecondazione in vitro sia concretamente utilizzabile, facciamo finta che ucciderne sino ad un massimo di tre non sia peccato»). Cosa che ha l’unico risultato di provocare una ripetizione di procedure e trattamenti tanto inutili e costosi, quanto pericolosi e spiacevoli per la madre – cui forse viene data così l'occasione di espiare il suo desiderio di prole in sfida alla Provvidenza... Non solo: il reimpianto di un embrione di cui siano stati constatati difetti genetici come abbiamo visto è almeno teoricamente obbligatorio, salva la libertà per la madre di abortirlo successivamente (!), benché tale obbligo sia ovviamente incoercibile e comunque probabilmente in violazione dell'art. 32 della Costituzione italiana. E ancora: la fecondazione eterologa dal lato maschile è vietata, ma il consenso del marito (o del... "compagno") viene dichiarato valido agli effetti di impedire che possa venire esperita con successo una successiva azione di disconoscimento di paternità (norma i cui scopi sono ovvii, ma comunque curiosa nella misura in cui discrimina senza motivi evidenti la situazione in cui la fecondazione avvenga bensì con il consenso del padre putativo, ma... mediante un normale rapporto sessuale); viceversa, il benessere e/o il rispetto per il nascituro potenziale dovrebbe essere il principio fondamentale della legge, ma l'impianto di embrioni in una madre diversa da quella che ha fornito l'ovulo è vietato, anche quando questa non sia in alcun modo in grado di portare a termine una gravidanza, e così incondizionatamente anche il reimpianto di embrioni di un padre premorto (pratiche evidentemente reputate troppo "faustiane"); etc. Cfr. La fecondazione proibita (Valentini 2004); ma anche gli oppositori coerenti della IVF sono in prima fila nel sottolineare le assurdità della legge: cfr. Fecondazione extra corporea. Pro o contro l'uomo (Garrone 2001).
  • 9 Come noto, la distinzione rigorosa tra maschi e femmine nelle specie sessuate non ha nulla a che vedere con la estroflessione o introflessione dei rispettivi organi sessuali, come nell’immaginario popolare che resta generalizzabile al più ai mammiferi, e neppure con qualche forma di concepimento o gestazione intracorporei (vi sono tra i pesci femmine che depongono le uova che vengono fecondate solo successivamente, e specie di insetti in cui è il è maschio che dispone di sacche per conservare le uova), bensì nel fatto di generare un grandissimo numero di gameti molto piccoli, o un piccolo numero di gameti relativamente grandi. Tale caratteristica, che connota universalmente i generi delle specie sessuate, dalla specie umana alle piante angiosperme, determina poi come è noto la differenza "sociobiologica" di strategie riproduttive tra i due sessi. In ogni modo, se per gli uomini non esistono normalmente problemi di quantità o di esaurimento con il decorso degli anni, le recenti scoperte relativamente all’incremento del rischio genetico connesso all’età avanzata anche dal lato maschile potrebbero consigliare lo stoccaggio in età giovanile, per un futuro eventuale riutilizzo, anche degli spermatozooi.
  • 10 I metodi anticoncezionali, in particolare quelli di tipo ormonale o intrauterino, consentono infatti di determinare almeno negativamente l’identità del padre della propria prole, escludendo che l’accoppiamento possa comportare l’impegno di capacità riproduttive con partner per qualsiasi ragione non ritenuti idonei, e evitando che il relativo investimento parentale sia assorbito da prole indesiderata.
  • 11 L’aborto selettivo sulla base di una diagnosi prenatale è stato a sua volta reso possibile dalle previsioni, radicalmente diverse da quelle basate sull'anamnesi familiare in quanto capaci di discriminare il singolo embrione, rese possibile da tecniche cliniche come l’amniocentesi – e soprattutto la villocentesi, che ha il pregio di poter essere effettuata in una fase molto precoce e di comportare rischi inferiori. Vedi al riguardo già Diagnosi prenatale e aborto selettivo (Harris 1978). Nuove tecniche in via di brevettazione consentiranno manovre diagnostiche ancora meno invasive, basate su un mero prelievo di sangue fetale. E’ chiaro il significato che l'anticipazione di notizie quanto al genotipo di un neonato comporta in termini di sdrammatizzazione delle scelte inerenti all'autodeterminazione riproduttiva. Vedi ad esempio le polemiche seguite alla proposta avanzata negli anni set-tanta da Francis Crick, premio Nobel con James D. Watson «Nuove definizioni legali della vita e della morte sono necessarie, se non si vuole che l’esplosione demografica ponga problemi di qualità oltre che di quantità. Per esempio, si potrebbe immaginare una nuova definizione di nascita, posticipandone la data a due giorni dopo il parto. Ciò permetterebbe di esaminare i neonati, che non sarebbero ancora considerati esseri umani nel pieno senso del termine, e di amministrare l’eutanasia a quelli che siano nati con una tara o una malformazione. [...] Le mie idee così espresse implicherebbero una rivalutazione completa della vita umana stessa. Io non credo a una parola del punto di vista tradizionale secondo cui tutti gli uomini nascono uguali e sono sacri» (Crick 1970). Sull'eutanasia dei neonati dal punto di vista invece di un'etica coerentemente utilitarista, cfr. il celebre Ripensare la vita (Singer 2000).
  • 12 Ciò discrimina tra l’altro i casi in cui in cui la coppia sia perfettamente in grado di concepire naturalmente, ma il padre sia affetto da una malattia trasmissibile sessualmente, o la madre non sia in grado di portare a termine la gravidanza, oppure la madre veda la sua vita o la sua salute messa gravemente in pericolo dalla gravidanza stessa. E ancora costringendo appunto la coppia suscettibile di concepire embrioni con tare facilmente selezionabili in vitro ad esporre la madre al rischio di dover abortire, magari ripetutamente, per poter concepire un figlio sano. Quanto alla questione della "coppia", sembra particolarmente ridicolo che nella legge attuale la "coppia", la cui esistenza e comune partecipazione è necessaria per rendere lecita l’assistenza del medico, è definita, oltre che dal sesso diverso, dalla comune... residenza anagrafica, cosa che lascia naturalmente fuori chi non possa vantarla per una ragione qualsiasi, mentre apparentemente consentirebbe la fecondazione artificiale tra membri della stessa famiglia di provenienza (!). Resta d’altronde non chiaro se la fecondazione che avvenga in utero, ma a seguito non di un coito, ma di inseminazione artificiale, rientri nella sfera di applicazione della normativa. Se così non fosse, una donna potrebbe continuare liberamente a comprarsi del seme anche al mercato, mentre qualsiasi utilizzo di un ovulo fuori dal corpo femminile cadrebbe inevitabilmente sotto i rigori della legge in commento...
  • 13 Vedi già "Embryo Research" (McLaren 1986, citato anche in Garrone 2001). L’idea era già stata avanzata dal Comitato Warnock, nominato dal governo britannico per fornire indicazioni sulla materia al legislatore, cfr. Report of the Committee of Inquiring into Hu-man Fertilisation and Embriology (Department of Health and Social Security 1984).
  • 14 La 'strategia' per lo più presa in considerazione da chi tra i cattolici non se la sente di escludere del tutto il ricorso a tecniche di procreazione assistita è quella di una raccolta dello sperma prelevato mediante un rapporto sessuale coniugale in vagina (onde evitare la masturbazione, che del resto sarebbe aggirabile anche con un poco piacevole prelievo chirurgico degli spermatozooi dall’epitidimo, cui già si ricorre oggi in caso di oligospermia), ed un preservativo (in cui però sia stato praticato un piccolo foro, onde evitare che il un eventuale concepimento naturale sia completamente impedito), contemporaneamente ad un prelievo dell'ovulo con i metodi normali (Garcea 1991). Per altro, per evitare la fecondazione fuori dal corpo espressamente vietata dal magistero, l’ovulo e lo spermatozoo devono venir successivamente impiantati nel corpo femminile prima che questa si verifichi – è consigliato il ricorso ad una piccola bolla d'aria, utile a rimandare il "matrimonio" tra i due a quando gli stessi si troveranno "santamente" nel loro vas naturale. Il metodo in questione è chiamato anche 'Gift'.
  • 15 Il primo annuncio della nascita di un clone umano è stato diffuso alla fine del 2002 da Clonaid ( www.clonaid.com ), società vicina alla setta dei Raeliani, ma la sua credibilità è stata messa in discussione dopo che la setta ha deciso di non dare agli esperti accesso ad Eva, la bambina asseritamente clonata dalla madre (Severgnini 2003). Ulteriori annunci sono seguiti però da parte di personaggi meno folkloristici, come il genetista Panos Zavos del Kentucky, che riferisce di aver impiantato su una donna di trentacinque anni a fini riproduttivi un embrione ottenuto mediante clonazione dalle cellule della pelle del marito sterile (redazionale, "Annuncio choc: impiantato un embrione clonato", Corriere della Sera 17/01/2004). Nel frattempo, mentre molte legislazioni nazionali si affannano a mettere fuori legge la sperimentazione umana, sta diventando banale, ed è entrata nella sua fase commerciale, la clonazione di singoli animali da compagnia, servizio di lusso, e tuttora molto costoso, che lavora sulla durata molto inferiore della vita di un gatto o di un cane rispetto a quella di un essere umano. Tale servizio, se non può ovviamente restituire alla sua padrona l'adorato Fido o l'amato Fuffy può d’altronde fornire un gemello monozigote molto più giovane, contribuendo così alla realizzazione di come un clone non sia niente di particolarmente più mostruoso di un gemello. Anzi, pare stia nascendo un business relativo alla preservazione del DNA di "exceptional pets" per un'eventuale clonazione futura, cfr. il sito della Genetic Savings & Clone ( www.savingsandclone.com ). Benché paia che numerosi animali clonati siano già in circolazione negli Stati Uniti, la prima conferma accademica di una clonazione canina riguarda Snuppy, prodotto da un'ormai famosa équipe coreana all'avanguardia anche nella ricerca sulle cellule staminali umane (Weiss 2005; Hooper 2005). Benché la lobby mondiale anticlonazione, supportata tra l’altro in questo caso da chi non vede di buon occhio la leadership coreana nel settore, sia riuscita a coinvolgere Woo Suk Hwang e il suo gruppo in vari 'scandali' (non ultimo, quello di aver usato, orrore!, le uova di alcuni membri femminili del team) conclusisi con 'pubbliche confessioni', la notizia è stata confermata (cfr. ad esempio Haines 2006). Infine, il 19 Maggio 2005 viene rilasciata la conferma ufficiale che un'équipe di Newcastle e quella già citata di Seoul hanno contemporaneamente realizzato la clonazione 'ufficiale' di embrioni umani ricavati da pazienti che sperano di potersi valere a scopo terapeutico delle relative cellule staminali (vedi ad esempio redazionale "Clonato un embrione umano in Inghilterra", in Il Corriere della sera, 20/05/2005).
  • 16 Vedi la risoluzione 59/280, Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Clonazione Umana (ONU 2005). Voti favorevoli: Afghanistan, Albania, Andorra, Australia, Austria, Bahrain, Bangladesh, Belize, Benin, Bolivia, Bosnia and Herzegovina, Brunei Darussalam, Burundi, Chile, Comoros, Costa Rica, Côte d’Ivoire, Croatia, Democratic Republic of the Congo, Djibouti, Dominican Republic, Ecuador, El Salvador, Equatorial Guinea, Eritrea, Ethiopia, Georgia, Germany, Grenada, Guatemala, Guyana, Haiti, Honduras, Hungary, Iraq, Ireland, Italy, Kazakhstan, Kenya, Kuwait, Lesotho, Liberia, Liechtenstein, Madagascar, Malta, Marshall Islands, Mauritius, Mexico, Federated States of Micronesia, Monaco, Morocco, Nicaragua, Palau, Panama, Paraguay, Philippines, Poland, Portugal, Qatar, Rwanda, Saint Kitts and Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent and the Grenadines, Samoa, San Marino, Sao Tome and Principe, Saudi Arabia, Sierra Leone, Slovakia, Slovenia, Solomon Islands, Sudan, Suriname, Switzerland, Tajikistan, The former Yugoslav Republic of Macedonia, Timor-Leste, Trinidad and Tobago, Uganda, United Arab Emirates, United Republic of Tanzania, United States, Uzbekistan, Zambia. Contrari: Belarus, Belgium, Brazil, Bulgaria, Cambodia, Canada, China, Cuba, Cyprus, Czech Republic, Democratic People’s Republic of Korea, Denmark, Estonia, Finland, France, Gabon, Iceland, India, Jamaica, Japan, Lao People’s Democratic Republic, Latvia, Lithuania, Luxembourg, Netherlands, New Zealand, Norway, Republic of Korea, Singapore, Spain, Sweden, Thailand, Tonga, United Kingdom. Astenuti: Algeria, Angola, Argentina, Azerbaijan, Bahamas, Barbados, Burkina Faso, Cameroon, Cape Verde, Colombia, Egypt, Indonesia, Iran, Israel, Jordan, Lebanon, Malaysia, Maldives, Mongolia, Myanmar, Namibia, Nepal, Oman, Pakistan, Republic of Moldova, Romania, Serbia and Montenegro, Somalia, South Africa, Sri Lanka, Syria, Tunisia, Turkey, Ukraine, Uruguay, Yemen, Zimbabwe.
  • 17 In effetti, benché alcune tradizioni religiose affermino il contrario, non è noto alcun caso di riproduzione asessuata da parte di esseri umani; ma se abbiamo riguardo alle cellule, i nostri corpi sono essenzialmente composti proprio da... "cloni", posto che le cellule del corpo si riproducono per mitosi, processo a seguito del quale il corredo genetico della cellula madre è duplicato in due copie identiche, una per ciascuna delle cellule figlie. Dal punto di vista degli organismi, è vero invece che almeno il 95% delle specie superiori ricorre al sesso, almeno quando ne ha la possibilità, per riprodursi (cfr. Kemp 1998). Ma, come già notato, esistono anche nella specie umana numerosi cloni naturali, sotto forma di gemelli monovulari spontanei, la cui esistenza non parrebbe comportare nessun pregiudizio particolare alla specie in quanto tale, così come la loro presenza non ha mai generato particolare sconcerto nella comunità di appartenenza. O almeno ciò era vero sino all’affermarsi del terrorismo culturale contemporaneo: chi scrive ha sentito con le proprie orecchie dare del "clone bastardo" ad un componente di una coppia di gemelli, in un'inedita forma di insulto derivata dalla penetrazione nell'inconscio collettivo dell'attuale bizzarra propaganda per il "diritto all'unicità genetica"!
  • 18 Esistono in effetti due tipi di clonazione artificiale: quella che riproduce il meccanismo naturale di produzione dei gemelli monovulari, e che consiste nel provocare una scissione dell’embrione quando le sue cellule sono ancora allo stato 'totipotente'; e quello che sfrutta la capacità di qualsiasi cellula, anche tratta da un pelo di un animale estinto, di rendersi a sua volta totipotente quando il nucleo ne venga estratto ed impiantato in un ovulo della stessa specie o di una specie compatibile. Entrambi, ai sensi della legge n. 40/2004, dovrebbero essere puniti in Italia con la reclusione da dieci a vent'anni!

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