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Divenire

Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e sul postumano

LA RIVISTA

Presentazione

Divenire è il titolo di una serie di volumi incentrati sull'interazione tra lo sviluppo vertiginoso della tecnica e l'evoluzione biologica dell'uomo e delle altre specie, ovvero votati allo studio dei rapporti tra la tecnosfera e la biosfera. Gli autori, provenienti da diverse aree disciplinari e orientamenti ideologici, sviluppano la propria analisi con occhio attento al probabile esito finale di queste mutazioni casuali o pianificate: il postumano. Sono dunque studi che sul piano temporale spaziano nel presente, nel passato e nel futuro, mentre sul piano della prospettiva disciplinare sono aperti a idee e metodi provenienti da diverse aree di ricerca, che vanno dalle scienze sociali alle scienze naturali, dalla filosofia all'ingegneria, dal diritto alla critica letteraria.

Ogni volume ha quattro sezioni. In Attualità compaiono studi attinenti a problematiche metatecniche del presente. Genealogia è dedicata a studi storici sui precursori delle attuali tendenze transumanistiche, futuristiche, prometeiche — dunque al passato della metatecnica. In Futurologia trovano spazio esplorazioni ipotetiche del futuro, da parte di futurologi e scrittori di fantascienza. Libreria è dedicata ad analisi critiche di libri su tecnoscienza, postumano, transumanesimo.
I volumi pubblicati finora (ora tutti leggibili in questo sito):

  1. D1. Bioetica e tecnica
  2. D2. Transumanismo e società
  3. D3. Speciale futurismo
  4. D4. Il superamento dell'umanismo
  5. D5. Intelligenza artificiale e robotica

Divenire 5 (2012) è interamente dedicato all'Intelligenza Artificiale (IA).

Intelligenze artificiose (Stefano Vaj) sostiene che il tema dell'automa (esecuzione di programmi antropomorfi o zoomorfi su piattaforma diversa da un cervello biologico) resta tuttora circondato da un vasto alone di misticismo: quando non viene negata in linea di principio la fattibilità dell'IA, ne viene esagerata escatologicamente la portata. (english version)

La maschera dell'intelligenza artificiale (Salvatore Rampone) indaga gli equivoci concettuali sottostanti alla domanda se una macchina abbia intelligenza o possa pensare e spiega perché l'IA debba nascondersi sotto la maschera del Soft computing.

Il problema filosofico dell'IA forte e le prospettive future (Domenico Dodaro) Analizza il tema della coscienza  semantica mettendo in luce i suoi  aspetti corporei e considera la possibilità di implementarli in sistemi artificiali. Sono valutati sia i limiti tecnologici e computazionali della riproduzione artificiale della coscienza (intesa come una facoltà del vivente) sia i programmi di ricerca più fecondi al fine di arginarli.

Cervelli artificiali? (Emanuele Ratti) espone il progetto di ricerca forse più ardito nel campo dell'IA che emula funzioni e organi biologici: il cervello artificiale di Hugo de Garis, introducendo concetti chiave di questo settore disciplinare come rete neurale e algoritmo genetico.

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Presentazione

Automi e lavoratori. Per una sociologia dell'intelligenza artificiale (Riccardo Campa) sposta l'attenzione sull'impatto economico e sociale della computerizzazione e della robotizzazione. Quali effetti sull'occupazione e quali correttivi per massimizzare i benefici e minimizzare gli effetti indesiderati? Proiettando il tema nel futuro, vengono analizzati i possibili scenari, in dipendenza di diverse politiche (o non-politiche) dello sviluppo tecnologico.

Il nostro cervello cinese (Danilo Campanella) riporta l'origine dei calcolatori moderni all'antica Cina. Utilizzando matematica, teologia e misticismo, i cinesi elaborarono i primi rudimenti del linguaggio binario, poi rubato dagli occidentali.

Alan Turing: uno spirito transumanista (Domenico Dodaro) Sono esposte le ragioni per cui Turing può essere definito un pensatore transumanista. Il matematico inglese è in genere descritto solo come padre dell'IA tradizionalmente intesa. L'analisi dell'autore dimostra invece la sua vicinanza ai temi delle "nuove scienze cognitive" e della computazione complessa (o ipercomputazione).

Passato, presente e futuro dell'Intelligenza Artificiale (Bruno Lenzi). L'articolo mostra, su un arco temporale molto ampio, fallimenti, riuscite, pericoli e scoperte delle scienze cognitive, sottolineando che l'IA non è questione solo tecnico-scientifica, racchiude germogli e frutti maturi in ogni area del sapere, e potrebbe essere molto diversa dall'intelligenza umana.

Post-embodied AI (Ben Goertzel). L'autore, uno dei principali sostenitori dell'AI forte, analizza la questione filosofica dell'embodiment: una intelligenza artificiale forte (capace di risolvere problemi in domini nuovi, di comunicare spontaneamente, di elaborare strategie nuove) deve necessariamente avere un body?

Nanotecnologia: dalla materia alle macchine pensanti (Ugo Spezza) spiega questo ramo della scienza applicata che progetta nanomacchine e nanomateriali in molteplici settori di ricerca: biologia molecolare, chimica, meccanica, elettronica ed informatica. L'articolo presenta le applicazioni già esistenti e le fantastiche potenzialità progettuali, dai nanobot per il settore medico ai neuroni artificiali.

Verso l'Intelligenza artificiale generale (Gabriele Rossi) introduce la Matematica dei Modelli di Riferimento degli iLabs ed esplora i potenziali vantaggi di questa prospettiva alla luce di alcune questioni teoriche di fondo che pervadono tutta la storia della disciplina.

Ich bin ein Singularitarian (Giuseppe Vatinno) è una recensione di La singolarità è vicina di Ray Kurzweil.

NUMERI DELLA RIVISTA

Divenire 1. Bioetica e tecnica

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 2. Transumanismo e società

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 3. Speciale futurismo

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 4. Il superamento dell'umanismo

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 5. Intelligenza artificiale e robotica

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

RICERCHE

1

2

3

4

CHI SIAMO

Comitato scientifico

Riccardo Campa
Docente di metodologia delle scienze sociali all'Università Jagiellonica di Cracovia
Patrizia Cioffi
Docente di neurochirurgia all'Università di Firenze
Amara Graps
Ricercatrice di astronomia all'Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario
James Hughes
Docente di sociologia medica al Trinity College del Connecticut
Giuseppe Lucchini
Docente di statistica medica all'Università di Brescia
Alberto Masala
Ricercatore di filosofia all'Università La Sorbonne (Paris IV)
Giulio Prisco
Vice-presidente della World Transhumanist Association
Salvatore Rampone
Docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni all'Università degli studi del Sannio
Stefan Lorenz Sorgner
Docente di filosofia all'Università di Erfurt
Stefano Sutti
Docente di diritto delle nuove tecnologie all'Università di Padova
Natasha Vita-More
Fondatrice e direttrice del Transhumanist Arts & Culture H+ Labs

Ait

L'AIT (Associazione Italiana Transumanisti) è un'organizzazione senza scopo di lucro con la missione di promuovere, in ambito culturale, sociale e politico, le tecnologie di potenziamento dell'essere umano.

Fondata nel 2004, è stata formalizzata mediante atto pubblico nel 2006 ed ha avviato le pratiche per ottenere il riconoscimento.

Sede legale AIT: via Montenapoleone 8, 20121 Milano

Sito internet AIT: www.transumanisti.it (>)

Pubblica questa rivista: Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano

Curatore: Riccardo Campa

Segretaria di redazione: Nicoletta Barbaglia

Art director: Emmanuele Pilia (>)

Gruppo di Divenire su Facebook: (>)

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Alan Turing: uno spirito transumanista

Autore: Domenico Dodaro

da: Divenire 5, Genealogia () | pdf | stampa

Alan Mathison Turing (1912 – 1954) può essere definito un transumanista ante litteram. Solitamente si fa riferimento alla sua opera per focalizzare lo stadio iniziale del paradigma della mente artificiale, ma non sempre vengono sottolineati tre ulteriori punti che caratterizzano il suo pensiero: 1) la sua etica fortemente "transumanista" 2) la sua propensione nell'effettuare scommesse futurologiche – un connotato anch'esso transumanista 3) il fatto di avere tentato egli stesso di "violare" i vincoli computazionali della Turing machine al fine di raggiungere una "computazione" simile a quella "messa in atto" dalle specie viventi. In questa breve analisi, partirò dal terzo punto indicato.

L'evoluzione del pensiero di Turing

Sulla questione che la macchina e il test di Turing rappresentino l'inizio dei sogni formalizzanti dell'IA non ci sono dubbi 1 . Turing (1936) ebbe da subito presenti le ripercussioni epistemologiche e filosofiche che portava con sé l'ideazione del suo metodo astratto di calcolo. Lo dimostra il fatto che paragonò gli stati interni della sua macchina agli stati mentali delle persone. L'intuizione era che i sistemi naturali potessero essere descritti computazionalmente da un insieme finito di funzioni, e lo scopo della scienza artificiale fosse quello ricercarle e formalizzarle all'interno di un programma, che sarebbe stato computato da un calcolatore digitale.

Tuttavia, alcuni anni prima di Computing Machinery and Intelligence (1950) lo scienziato inglese si accorse che mancavano alcuni elementi alle sue macchine logiche di calcolo. In primo luogo, era assente l'apprendimento. La computazione era infatti ingabbiata in una serie di passi formali che erano espletati uno alla volta; meccanicamente e automaticamente. Inoltre, mancavano una serie di attributi che si manifestano nelle "funzioni viventi". Si pensi ai fattori emotivi: potenzialmente eccitanti o inibenti dell'azione algoritmica. O ancora si rifletta all'opportunità di dare una forma di creatività alla danza algoritmica. Difatti, sebbene le azioni dei sistemi naturali possano essere prevedibili entro un certo range, è anche vero che a volte sfuggono a un'attenta predizione: soprattutto nel caso si tratti di intenzioni proprie degli esseri viventi superiori.

Queste considerazioni furono così ben presenti a Turing che scopo primario della ricerca condotta negli ultimi anni della sua vita fu quello di trovare dei sistemi di calcolo che tenessero conto delle facoltà accennate. A esempio, in uno scritto (1948), divenuto noto pochi anni or sono 2 , il matematico inglese presenta alcuni modelli computazionali pioneristici. Si tratta di reti neurali ante litteram, che Turing chiama unorganized machine. Nell'articolo lo scienziato non si concentra sulla metafora della mente come software – inteso quest'ultimo come un insieme di macchine di Turing "semplici" – ma propone una nuova analogia tra la sua "macchina non organizzata" e la corteccia cerebrale di un neonato:

Molte parti del cervello umano sono precisi circuiti nervosi finalizzati a scopi ben definiti. Ne sono esempi i "centri" che controllano la respirazione, lo sternuto, il seguire con gli occhi oggetti in movimento e simili: tutti i riflessi propri (non "condizionati") sono dovuti alle attività di queste precise strutture nel cervello [...] Ma le attività più intellettuali del cervello sono troppo varie per essere gestite su una simile base. La differenza delle lingue parlate ai due lati della Manica non è dovuta a una differenza nella "parte francese" e "parte inglese" del cervello, ma al fatto che i centri linguistici sono stati assoggettati a un diverso addestramento. Noi crediamo che ci siano ampie zone nel cervello, soprattutto nella corteccia, la cui funzione è in larga misura indeterminata. Nel neonato queste parti non svolgono un ruolo decisivo: hanno un effetto non coordinato. Nell'adulto hanno un effetto importante e finalizzato: il tipo di questo effetto dipende dalladdestramento dell'individuo nel corso della fanciullezza. Un notevole residuo del comportamento casuale dell'infanzia rimane nell'adulto. Tutto questo suggerisce che la corteccia del neonato sia una macchina non organizzata, che può essere organizzata con un opportuno addestramento tramite interferenza. L'organizzazione potrebbe risultare nella trasformazione della macchina in una macchina universale, o qualcosa del genere. Questo significa che l'adulto obbedirebbe ai comandi dati in un appropriato linguaggio, per quanto complicati fossero; sarebbe privo di buon senso, e obbedirebbe agli ordini più ridicoli senza battere ciglio. Quando tutti gli ordini impartiti fossero stati eseguiti, cadrebbe in uno stato comatoso o forse continuerebbe a obbedire a qualche ordine permanente, come quello di mangiare. Creature non dissimili da questa qui immaginata esistono davvero, ma la maggior parte di noi si comporta in modo molto diverso in quasi tutte le circostanze. Tuttavia la somiglianza con una macchina universale resta molto forte, e ci suggerisce che il passaggio da un neonato non organizzato a una macchina universale è un passaggio che dovrebbe essere compreso appieno 3 .

Da questo chiarissimo passo è possibile comprendere il "salto evolutivo" della filosofia della mente di Turing. La metafora della mente umana come macchina universale di Turing (MTU) – ipotesi presente nel famoso articolo del 1936 – è messa in discussione, in quanto non sarebbe in grado di spiegare la complessità del comportamento. Sebbene Turing continui a sostenere che alcune caratteristiche della "sua macchina" possano servire a spiegare la natura del pensiero – «il passaggio da un neonato non organizzato a una macchina universale [...] dovrebbe essere compreso appieno» – allo stesso tempo comincia a guardare a forme più dinamiche di computazione. Difatti, in altri passi dello stesso articolo propone esplicitamente di dare emozioni e libero arbitrio ai suoi automi. Si può intendere meglio quanto sottolineato descrivendo brevemente il funzionamento di una "macchina non organizzata".

Lo scienziato immagina una serie di unità d'informazione interconnesse tra loro alla stregua di neuroni. Ciascuna unità possiede due terminali di ingresso e uno di uscita, il quale può essere connesso a sua volta ai terminali d'ingresso di altre unità. In questo modo prende forma una sorta di rete in cui viaggia l'informazione. Tutte le unità sono poi collegate a un sincronizzatore che emette impulsi d'informazione a intervalli di tempo discreti. Gli istanti degli impulsi sono chiamati momenti e a ogni momento ciascuna unità può trovarsi in uno di due stati, identificati con il codice binario di 0 e 1. Ora, Turing immagina di apporre delle interferenze alle unità, che mimino i metodi di educazione behavioristi basati sulla punizione e sulla gratificazione. A esempio, un tipo di interferenza è quella del cacciavite, che consiste nel rimuovere e sostituire parti delle logical computing machine 4 , un'altra è quella cartacea, in cui si lascia che le macchine interagiscano con un'informazione esterna che ne altera il comportamento. Stavolta il congegno ideato da Turing non è quindi deterministico, ma lascia molto spazio ai fattori casuali. La casualità è data sia dal fatto che le unità si "accendono" e si "spengono" come se si trattasse di neuroni, sia dai metodi di "educazione" implementati. Turing (1948) si dice interessato soprattutto all'interferenza cartacea poiché a partire da questa si può cercare di spiegare i meccanismi dell'apprendimento da un punto di vista computazionale. Nello stesso scritto, inoltre, sono presentate delle "macchine auto-modificantisi", che sicuramente rappresentano il primo tentativo di creare una rete neurale capace di apprendere senza la supervisione dello sperimentatore 5 .

Tuttavia, l'inventiva dello scienziato inglese non si esaurisce in questi, seppure innovativi, risultati. Turing comprende che ciò che manca ai calcolatori digitali è un apparato senso-motorio che li colleghi con il mondo:

Possiamo dire che, nella misura in cui una persona è una macchina, lo è solo come macchina soggetta a moltissime interferenze. (In effetti l'interferenza sarà la norma piuttosto che l'eccezione). Un uomo è in costante comunicazione con gli altri uomini, e riceve continuamente stimoli visuali e di altro genere che di per sé costituiscono una forma di interferenza [...] Un modo di affrontare l'impresa di costruire una "macchina pensante" sarebbe quello di prendere una persona intera e cercare di rimpiazzare tutte le sue parti con sostituiti meccanici: telecamere, microfoni, altoparlanti, ruote e servomeccanismi di gestione, come anche un qualche tipo di "cervello elettronico". Certo, sarebbe un'impresa enormemente impegnativa. L'oggetto risultante, se prodotto con le tecniche attualmente disponibili, sarebbe di dimensioni immense, anche se la parte del "cervello" fosse fissa e controllasse il corpo a distanza. Per potere avere la possibilità di farsi un'esperienza, dovrebbe essergli permesso di aggirarsi per la campagna con serio pericolo per gli abitanti "normali". Inoltre, anche se le fossero fornite tutte le caratteristiche viste prima, la creatura ancora non avrebbe esperienza di cibo, sesso, sport e molte altre cose di interesse per gli esseri umani. Perciò, anche se con questo metodo si è probabilmente "certi" di produrre una macchina pensante, in definitiva sembra essere troppo lento e impraticabile. Ci proponiamo invece di vedere cosa possa essere fatto con un "cervello" che sia, più o meno, senza un corpo, provvisto al massimo di organi di vista, parola e udito (ivi, pp. 103-05).

In conclusione, la scelta di perseguire l'obbiettivo di ricerca dell'IA incorporea, a scapito dell'approccio del robot, nasce da constatazioni "pragmatiche" legate alle difficoltà di realizzazione – e non a causa di una sottovalutazione di Turing degli aspetti corporei della cognizione.

Le previsioni futurologiche di Turing

Il test di Turing (1950) è anch'esso frutto della medesima scelta: si decide di testare la macchina sulle capacità linguistiche perché si tratta di una sfera della cognizione apparentemente "più intellettuale", per cui si presume che le proprietà corporee non giochino un ruolo importante 6 . Forse è questa la ragione dell'ottimismo di Turing in materia di futurologia; com'è possibile notare esaminando questo passo:

Io credo che tra una cinquantina d'anni sarà possibile programmare calcolatori aventi una capacità di memoria di 109, in modo da farli giocare così bene al gioco dell'imitazione che un interrogante medio avrà una probabilità non superiore al 70% di compiere l'identificazione giusta dopo cinque minuti di interrogatorio. Credo che la domanda iniziale "le macchine possono pensare?" sia troppo priva di senso per meritare una discussione. Ciò nonostante, credo che alla fine del secolo l'uso delle parole e l'opinione corrente saranno talmente mutati che si potrà parlare di macchine pensanti senza aspettarsi di essere contraddetti 7 .

Turing indovina la previsione relativa all'aumento di capacità di calcolo dei computer 8 , ma nessun programma per calcolatore ha dato prova di superare in modo convincente il test di Turing.

È pur vero che lo scienziato inglese corresse la sua profezia due anni più tardi, ammettendo che sarebbero occorsi «almeno cento anni» affinché fosse superato il suo test 9 . In questo caso è lecito attendere ancora quarant'anni circa per riscontrare se un calcolatore digitale – o anche un altro artefatto – sarà in grado di relazionarsi alla specie vivente umana in modo indistinguibile da questa. Tuttavia, non può essere escluso che i sistemi artificiali raggiungano forme d'intelligenza non antropomorfiche e al contempo superiori a quelle esibite dalla specie umana. In questo senso, potrebbe rivelarsi utile il diniego del test di Turing per concentrarsi esclusivamente sui problemi riguardanti la robustezza e l'autonomia delle intelligenze artificiali – obbiettivo già perseguito dagli ingegneri della conoscenza.

L’etica transumanista di Turing

Il "pezzo forte" della filosofia di Turing, in ottica transumanista, investe il campo etico. In Intelligent Machinery (1948) l'autore esordisce esaminando alcune obiezioni di carattere tecnico-scientifico mosse contro la possibilità di realizzare un'intelligenza artificiale, e discutendone altre di stampo etico indirizzate contro la stessa opportunità del progetto. Turing ritiene che lo scetticismo riscontrato in ambito scientifico nei confronti della plausibilità di un'intelligenza artificiale abbia la sue radici sia nella mentalità conservatrice di una parte della società civile, sia in un istinto di autoconservazione biologicamente connaturato:

Mi propongo di affrontare il problema se sia possibile per ciò che è meccanico manifestare un comportamento intelligente. Di solito si dà per scontato che ciò non sia possibile. Una spia di tale diffuso atteggiamento è rappresentata dalle tipiche frasi ad effetto come "agire come una macchina", o "comportamento puramente meccanico". Non è difficile rendersi conto di come possa essersi formato un atteggiamento negativo in proposito. Eccone qualche esempio: (a) Una riluttanza ad ammettere la possibilità che il genere umano possa avere rivali nei poteri intellettuali. La resistenza si manifesta sia tra le persone di cultura che tra le altre: anzi, queste ultime hanno di più da perdere. Tutti coloro che ammettono tale possibilità riconoscono che la sua realizzazione sarebbe molto spiacevole. La stessa situazione si presenta in relazione alla possibilità che qualche altra specie animale prenda il nostro posto: la prospettiva è altrettanto spiacevole e la sua possibilità teorica incontestabile. (b) Un sentimento religioso, secondo il quale ogni tentativo di costruire macchine del genere sia una sorta di empietà prometeica (Turing, 1948, trad. it. pp. 88-89).

Successivamente (1950), Turing identifica le tesi (a) e (b), presenti nel passo citato, con le espressioni (a) Obiezione dello "struzzo", e (b) Obiezione teologica. Sebbene Turing mostri più interesse nel confutare le obiezioni tecnico-scientifiche, non esclude l'importanza delle obiezioni etiche:

Le obiezioni (a) e (b) sono puramente emotive e non richiedono davvero una replica [...] Se siamo sensibili e influenzabili da argomenti del genere non potremo che restare a disagio di fronte all'intero progetto, almeno per il presente. Le obiezioni (a) e (b) non possono peraltro essere del tutto ignorate, perché l'idea di intel- ligenza ha di per sé un carattere emotivo più che matematico (Turing, 1948, trad. it. p. 90).

A queste contrappone (1950) anche dei solidi argomenti. In particolare, risponde così all'obiezione teologica:

Obiezione teologica. Pensare è una funzione dell'anima immortale dell'uomo. Dio ha dato un'anima immortale a tutti gli uomini e a tutte le donne, ma non agli altri animali o alle macchine. Perciò né gli animali né le macchine sono in grado di pensare. Non riesco ad accettare neanche una parola di tutto ciò, ma cercherò di rispondere in termini teologici. L'argomento sarebbe a mio parere più convincente se gli animali fossero collocati nella stessa categoria degli uomini, perché ritengo che vi sia una differenza maggiore tra l'essere animato in genere e l'essere inanimato che non fra l'uomo e gli altri animali. Il carattere arbitrario della concezione ortodossa diventa più chiaro se consideriamo come essa potrebbe apparire a un membro di qualche altra confessione religiosa. Che cosa pensano i cristiani dell'idea musulmana che le donne non hanno anima? [...] A me sembra che l'argomento riportato sopra implichi una seria limitazione dell'onnipotenza dell'Onnipotente. Pur ammettendo che ci sono certe cose che Egli non può fare, ad esempio rendere uno uguale a due, non dovremmo credere che Egli ha la libertà di dare l'anima a un elefante se lo ritiene opportuno? Potremo attenderci che Egli eserciterebbe questo potere solo in concomitanza con una mutazione che desse all'elefante un cervello opportunamente potenziato per prendersi cura di quest'anima. Nel caso delle macchine si può fare un ragionamento di forma esattamente simile. Esso può sembrare diverso perché è più difficile da "mandar giù", ma in realtà ciò significa solo soltanto che noi riteniamo meno probabile che Egli giudichi tali circostanze idonee al conferimento di un'anima. [...] Cercare di costruire macchine siffatte non sarà da parte nostra un'empia usurpazione del Suo potere di creare anime più di quanto non lo sia la procreazione dei bambini: in entrambi i casi siamo piuttosto strumenti della Sua volontà, in quanto procuriamo dimore per le anime che Egli crea. Queste tuttavia sono mere speculazioni. Non mi lascio impressionare molto dagli argomenti teologici, qualunque sia la tesi che vogliono sostenere. Già in passato essi sono risultati insoddisfacenti. All'epoca di Galileo si sosteneva che i versetti "Si fermò il Sole... e non si affrettò a calare quasi un giorno intero" (Giosuè 10, 13) e "Hai fondato la terra sulle sue basi, mai potrà vacillare" (Salmi 104, 5) costituissero una sorta di confutazione soddisfacente della teoria copernicana. Alla luce delle conoscenze attuali questo argomento appare inconsistente, ma quando non si disponeva ancora di tali conoscenze, esso faceva un'impressione molto diversa (Turing, 1950, trad. it. p. 65).

Mentre questo è il "trattamento" riservato all'obiezione dello struzzo:

Obiezione dello "struzzo". "Se le macchine pensassero, le conseguenze sarebbero terribili; speriamo e crediamo che esse non possano farlo". È raro che questo argomento venga espresso in forma così esplicita. Tuttavia, se ci si pensa appena un po', è quasi inevitabile esserne influenzati. Ci piace credere che, sotto sotto, l'Uomo sia superiore al resto del creato. La cosa migliore sarebbe dimostrare che egli è necessariamente superiore, poiché allora non correrebbe nessun pericolo di perdere la sua posizione di comando. La popolarità dell'argomento teologico è chiaramente legata a questa convinzione. È probabile che essa sia molto forte tra gli intellettuali, poiché essi apprezzano più degli altri la facoltà di pensare e sono più inclini a basare su questa facoltà la loro fede nella superiorità dell'Uomo. Non ritengo questo argomento tanto importante da meritare una confutazione: ha piuttosto bisogno di consolazione, forse da ricercarsi nella metempsicosi (ivi, pp. 65-66).

Turing ammette che le ripercussioni sociali e antropologiche concernenti l'imposizione di un'intelligenza artificiale possono essere ricercate nel breve, oltre che nel lungo termine:

Se una macchina potesse pensare, potrebbe farlo in modo più intelligente di quanto facciamo noi, e allora dove arriveremmo? Anche se potessimo mantenere le macchine in una posizione subordinata, per esempio spegnendole nei momenti cruciali, ci sentiremmo, come specie, grandemente umiliati. La minaccia di un rischio e umiliazione del genere risiede anche nella possibilità che venissimo a essere soppiantati dal maiale o dal ratto. Questa è una possibilità teorica difficilmente discutibile, ma noi siamo vissuti con maiali e ratti così a lungo senza che la loro intelligenza aumentasse di molto, che non ci preoccupiamo più di questa possibilità. Sentiamo che, se proprio deve accadere, non sarà per altri milioni di anni. Ma questo nuovo pericolo è molto più incombente. Se si dovesse realizzare, sarà certamente nell'arco del prossimo millennio. È remoto, ma non in misura astronomica, ed è certo qualcosa che ci può provocare ansietà 10 .

Non intendo dilungarmi sulle risposte date dell'autore alle obiezioni tecnico-scientifiche 11 , se non per sottolineare un aspetto legato alle precedenti constatazioni sulla futurologia: Turing fu combattuto tra la consapevolezza della potenza computazionale che portava con sé l'ideazione della MTU e l'indisponibilità di mezzi tecnici nell'epoca in cui viveva. Per fare un esempio illuminante: le sue reti neurali rimasero solo su carta e non poterono essere simulate su un computer. È ovvio che in queste condizioni era difficile avere un'idea chiara sulle potenzialità del programma di ricerca dell'intelligenza artificiale. In più, uno dei problemi più volte denunciato da Turing era quello relativo all'insufficienza di capacità di calcolo dei calcolatori digitali; ostacolo che si ripercuoteva sulla possibilità di "far girare" le funzioni implementate su carta. Questo problema è spiegato (1951) con un aneddoto:

Immaginiamo due uomini che vogliono scrivere le loro autobiografie e che uno abbia avuto una vita piena di eventi mentre all'altro non sia capitato un granché. L'uomo con la vita più ricca di avvenimenti sarebbe disturbato da due difficoltà più serie rispetto all'altro. Avrebbe bisogno di procurarsi più carta e dovrebbe impegnarsi di più a pensare cosa scrivere. La disponibilità di carta potrebbe non sembrare una difficoltà seria, a meno che per esempio non fosse su un'isola deserta [...] Il nostro problema di programmare un calcolatore che si comporti come un cervello è come cercare di scrivere questo trattato su un'isola deserta. Non possiamo disporre della capacità di memoria di cui abbiamo bisogno: in altre parole possiamo non avere carta sufficiente per scriverci il trattato e in ogni caso non sappiamo cosa potremmo scrivere se l'avessimo (Turing, 1951, trad. it. p. 23)

Tuttavia, in epoca odierna si può sostenere con sicurezza che la capacità di calcolo non rappresenta più un'insidia alla progettazione algoritmica, soprattutto se si guarda alla legge di Moore secondo cui le prestazioni dei calcolatori quadruplicano ogni tre anni, mentre il costo aziendale diminuisce 12 . Anche se, valutati questi argomenti, sembra inevitabile concludere con un bilancio in negativo sul versante dell'IA, lo spirito transumanista di Turing aiuta a guardare al futuro con apertura mentale. Dopotutto, come suggerisce il padre della cognizione artificiale: «L'opinione popolare che gli scienziati procedano in modo inesorabile da un fatto ben stabilito a un altro, senza mai essere influenzati da congetture non dimostrate, è assolutamente sbagliata. Purché sia chiaro quali sono i fatti dimostrati e quali sono le congetture, non può esserci alcun inconveniente. Le congetture hanno una grande importanza, poiché suggeriscono utili linee alla ricerca» (Turing, 1950, trad. it. p. 64).

Bibliografia

  • Noam Chomsky, "A review of B. F. Skinner's Verbal Behavior", Language, 35, 1, 1959, (pp. 26-58)
  • Domenico Dodaro, Può una macchina pensare? Dibattito sull'Intelligenza Artificiale Forte e prospettive future, www.libreriauniversitaria.it, 2010
  • Domenico Dodaro, "Il problema filosofico dell'Intelligenza Artificiale Forte e le prospettive future", Divenire – Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano, 5, 2011, (pp. - )
  • John Hopfield, "Neural networks and physical systems with emergent collective computational abilities", Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 79, 1982 (pp. 2554- 558)
  • Ray Jackendoff, "On beyond zebra: the relation of linguistic and visual information", Cognition, 26, 1987 (pp. 89-114)
  • Mark Johnson, The body in the mind: the bodily basis of meaning, imagination and reason, University of Chicago Press, Chicago, 1987
  • Teuvo Kohonen, "Self-organizing formation of topologically correct feature maps", Biological Cybernetics, 43, 1982, (pp. 59-69)
  • George Lakoff, Mark Johnson, Metaphors we live by, The University of Chicago Press, Chicago, 1980 (trad. it. Metafora e vita quotidiana, Espresso Strumenti, Milano, 1982)
  • George Lakoff, Women, fire and dangerous things. What categories reveal about the mind, The University of Chicago Press, Chicago, 1987
  • Alfonso Maruccia, "NVIDIA contro la legge di Moore", Punto informatico, 2010
  • Burrhus Frederic Skinner, Verbal behavior, Copley Publishing Group, 1957 (trad. it. Il comportamento verbale, Armando Editore, Roma, 1976)
  • Alan Mathison Turing, "On computable numbers, with an application to the Entscheidungsproblem", Proceedings of the London Mathematical Society, 42, 1936 (pp. 230-65)
  • Alan Mathison Turing, "Intelligent machinery", in Saunders (a cura di), Collected works of A.M. Turing: Mechanical Intelligence, Elsevier Science, 1992 (trad. it. Alan M. Turing. Intelligenza meccanica, Bollati Boringhieri, Torino, 1994)
  • Alan Mathison Turing, "Computing machinery and intelligence", Mind, 59, 1950, pp. 433-60 (trad. it. Douglas Hofstadter, Daniel Clement Dennett, L'Io della Mente, fantasie e riflessioni sul sé e sull'anima, Basic Books, New York, 1985, pp. 61-74)
  • Alan Mathison Turing, "Can digital computers think?", BBC, 1951 (trad. it. "I calcolatori digitali possono pensare?", Sistemi Intelligenti – Rivista quadrimestrale di scienze cognitive e intelligenza artificiale, Il Mulino, Bologna, 1, pp. 21-26)
  • Alan Mathison Turing, "Can automatic calculating machines be said to think?", BBC, 1952 (trad. it. "Si può dire che i calcolatori automatici pensano", Sistemi Intelligenti – Rivista quadrimestrale di scienze cognitive e intelligenza artificiale, Il Mulino, Bologna, 1, 1998, pp. 27- 40)
  • Terry Winograd, Fernando Flores, Understanding computer and cognition, Ablex Publishing Corporation, Norwood NJ, 1986

Note

  • 1 Ne parlo nell'altro articolo presente in questa rivista, vedi: pp. 53-81.
  • 2 Molte opere di Turing sono rimaste incompiute, oppure hanno ricevuto poca attenzione al tempo della pubblicazione. Oggi, grazie a un lavoro storiografico, sono emersi scritti interessanti come quelli che cito in questo articolo.
  • 3 A. M. Turing, “Intelligent Machinery”, 1948, in: Saunders (a cura di), Collected works of A.M. Turing: Mechanical Intelligence, 1992. tr. it. Alan M. Turing. Intelligenza meccanica, 1994, pp. 108-09.
  • 4 Una macchina logica di calcolo è una macchina di Turing "semplice".
  • 5 L'apprendimento della maggior parte delle reti neurali è supervisionato. Questo vuol dire che lo sperimentatore deve scegliere accuratamente degli esempi – rappresentati da vettori di numeri – da sottoporre alla rete per l'addestramento. Lo sperimentatore deve visionare l'elaborazione dei dati da parte della rete, intervenendo talvolta nella modifica dei pesi sinaptici, e preparando anche ulteriori esempi che vanno sottoposti alla rete al termine di svariati cicli di apprendimento per attestare se questa abbia effettivamente distinto la natura del problema da risolvere. L'apprendimento non supervisionato – vedi le moderne reti neurali di Teuvo Kohonen (1982) e John Hopfield (1982) – invece non prevede il controllo esterno sull'errore da parte dello sperimentatore, né è richiesta una complicata fase di "scelta" delle features degli esempi: in questo caso la rete neurale è abbastanza potente e complessa da dividere autonomamente gli input in base a stime di similarità senza usare il confronto con output noti.
  • 6 Si tratta di un'opinione superata: molti studiosi di semantica – Lakoff-Johnson (1980); Winograd-Flores (1986); Johnson (1987); Jackendoff (1987); Lakoff (1987) – hanno dimostrato che gli aspetti percettivi giocano un ruolo fondamentale nell'apprendimento e nell'uso del linguaggio. Tuttavia, il parere di Turing va contestualizzato al suo periodo storico: durante gli anni '50 del secolo scorso si andò diffondendo la sensazione che la spiegazione comportamentista dell'apprendimento del linguaggio fosse inadeguata – la critica alla spiegazione esternalista culmina con la recensione del linguista Noam Chomsky (1959) al libro Verbal Behavior (1957) del celebre psicologo Burrhus Skinner. L'imposizione teorica della Grammatica generativo-transformazionale di Chomsky fu utile a promuovere l'ideale di un'"intelligenza" disincarnata a causa della sua spiegazione innatistica dell'apprendimento del linguaggio, nonché ai suoi aspetti formalistici. Per una più puntuale analisi storico-filosofica sull'argomento rimando alla lettura della mia tesi di laurea: D. Dodaro, Può una macchina pensare? Dibattito sull'Intelligenza Artificiale Forte e prospettive future, www.libreriauniversitaria.it, 2010.
  • 7 Cfr. A. M. Turing, "Computing Machinery and Intelligence", Mind, 59, 1950; trad. it. Hofstadter-Dennett, L'Io della Mente, fantasie e riflessioni sul sé e sull'anima, 1985, p. 64.
  • 8 Il prodotto di 109 è stato rispettato e corrisponde a quello che attualmente si definisce un giga di memoria.
  • 9 La revisione di Turing emerge in una conferenza radiofonica registrata il 10 Gennaio del 1952 e trasmessa il 14 Gennaio dal terzo programma della BBC. Il testo della conferenza tradotto in italiano è apparso sul periodico accademico Sistemi Intelligenti – Rivista quadrimestrale di scienze cognitive e intelligenza artificiale, 1, 1998, pp. 27-40.
  • 10 Il passo citato è riconducibile a un'altra conferenza radiofonica del 1951 trasmessa sulle frequenze della BBC. L'inedito in lingua italiana è presente in: Sistemi Intelligenti – Rivista quadrimestrale di scienze cognitive e intelligenza artificiale, 1, 1998, pp. 21-26.
  • 11 Turing (1948) individua inizialmente tre obiezioni di carattere scientifico: a) Quella matematica, riconducibile ai risultati dei teoremi di incompletezza del logico austriaco Kurt Gӧdel (1931) b) Quella dell'automaticità dell'elaborazione algoritmica espressa dall'argomento di Lady Ada Lovelace – la prima programmatrice della storia – nei seguenti famosi termini: «La Macchina Analitica (il calcolatore) non ha la pretesa di creare alcunché. Può fare qualunque cosa siamo in grado di ordinarle di fare» c) Quella – a posteriori esemplificata dal Gedankenexperiment della stanza cinese – che vuole che l'intelligenza del programma sia derivata da quella del programmatore. A queste obiezioni aggiunge e discute (1950): d) L'argomento della coscienza, sostenuto dal neurochirurgo Jefferson: «Fino a quando una macchina non potrà scrivere un sonetto o comporre un concerto in base a pensieri ed emozioni che ha provato, e non per giustapposizione casuale di simboli, non potremo accettare che la macchina eguagli il cervello, cioè che non solo scriva ma sappia di aver scritto. Fino a quel momento, nessun meccanismo potrà sentire (e non semplicemente segnalarlo artificialmente, il che sarebbe un facile trucco)» e) L'argomento basato su ulteriori incapacità dei sistemi artificiali f) L'argomento fondato sulla continuità del sistema nervoso (riguardante il fatto che questo non funziona in modo discreto) g) L'argomento del comportamento senza regole rigide (che attualmente potrebbe essere identificato con quello della computazione dinamica) h) L'argomento della percezione extra-sensoriale (Turing si riferisce in questo caso alla telepatia; fenomeno che a quell'epoca sembrava comprovato scientificamente). Affronto alcune di queste obiezioni tecnico-scientifiche in: D. Dodaro, Può una macchina pensare? Dibattito sull'Intelligenza Artificiale Forte e prospettive future, www.libreriauniversitaria.it, 2010; nonché sull'ulteriore articolo presente in questo volume: D. Dodaro, "Il problema filosofico dell‟IA forte e le prospettive future”, Divenire – Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano, 5, 2011.
  • 12 Sebbene oggi la cosiddetta legge di Moore sia messa in discussione. Vedi, a esempio: Alfonso Maruccia, "NVIDIA contro la legge di Moore", Punto informatico, 2010.

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