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Divenire

Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e sul postumano

LA RIVISTA

Presentazione

Divenire è il titolo di una serie di volumi incentrati sull'interazione tra lo sviluppo vertiginoso della tecnica e l'evoluzione biologica dell'uomo e delle altre specie, ovvero votati allo studio dei rapporti tra la tecnosfera e la biosfera. Gli autori, provenienti da diverse aree disciplinari e orientamenti ideologici, sviluppano la propria analisi con occhio attento al probabile esito finale di queste mutazioni casuali o pianificate: il postumano. Sono dunque studi che sul piano temporale spaziano nel presente, nel passato e nel futuro, mentre sul piano della prospettiva disciplinare sono aperti a idee e metodi provenienti da diverse aree di ricerca, che vanno dalle scienze sociali alle scienze naturali, dalla filosofia all'ingegneria, dal diritto alla critica letteraria.

Ogni volume ha quattro sezioni. In Attualità compaiono studi attinenti a problematiche metatecniche del presente. Genealogia è dedicata a studi storici sui precursori delle attuali tendenze transumanistiche, futuristiche, prometeiche — dunque al passato della metatecnica. In Futurologia trovano spazio esplorazioni ipotetiche del futuro, da parte di futurologi e scrittori di fantascienza. Libreria è dedicata ad analisi critiche di libri su tecnoscienza, postumano, transumanesimo.
I volumi pubblicati finora (ora tutti leggibili in questo sito):

  1. D1. Bioetica e tecnica
  2. D2. Transumanismo e società
  3. D3. Speciale futurismo
  4. D4. Il superamento dell'umanismo
  5. D5. Intelligenza artificiale e robotica

Divenire 5 (2012) è interamente dedicato all'Intelligenza Artificiale (IA).

Intelligenze artificiose (Stefano Vaj) sostiene che il tema dell'automa (esecuzione di programmi antropomorfi o zoomorfi su piattaforma diversa da un cervello biologico) resta tuttora circondato da un vasto alone di misticismo: quando non viene negata in linea di principio la fattibilità dell'IA, ne viene esagerata escatologicamente la portata. (english version)

La maschera dell'intelligenza artificiale (Salvatore Rampone) indaga gli equivoci concettuali sottostanti alla domanda se una macchina abbia intelligenza o possa pensare e spiega perché l'IA debba nascondersi sotto la maschera del Soft computing.

Il problema filosofico dell'IA forte e le prospettive future (Domenico Dodaro) Analizza il tema della coscienza  semantica mettendo in luce i suoi  aspetti corporei e considera la possibilità di implementarli in sistemi artificiali. Sono valutati sia i limiti tecnologici e computazionali della riproduzione artificiale della coscienza (intesa come una facoltà del vivente) sia i programmi di ricerca più fecondi al fine di arginarli.

Cervelli artificiali? (Emanuele Ratti) espone il progetto di ricerca forse più ardito nel campo dell'IA che emula funzioni e organi biologici: il cervello artificiale di Hugo de Garis, introducendo concetti chiave di questo settore disciplinare come rete neurale e algoritmo genetico.

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Presentazione

Automi e lavoratori. Per una sociologia dell'intelligenza artificiale (Riccardo Campa) sposta l'attenzione sull'impatto economico e sociale della computerizzazione e della robotizzazione. Quali effetti sull'occupazione e quali correttivi per massimizzare i benefici e minimizzare gli effetti indesiderati? Proiettando il tema nel futuro, vengono analizzati i possibili scenari, in dipendenza di diverse politiche (o non-politiche) dello sviluppo tecnologico.

Il nostro cervello cinese (Danilo Campanella) riporta l'origine dei calcolatori moderni all'antica Cina. Utilizzando matematica, teologia e misticismo, i cinesi elaborarono i primi rudimenti del linguaggio binario, poi rubato dagli occidentali.

Alan Turing: uno spirito transumanista (Domenico Dodaro) Sono esposte le ragioni per cui Turing può essere definito un pensatore transumanista. Il matematico inglese è in genere descritto solo come padre dell'IA tradizionalmente intesa. L'analisi dell'autore dimostra invece la sua vicinanza ai temi delle "nuove scienze cognitive" e della computazione complessa (o ipercomputazione).

Passato, presente e futuro dell'Intelligenza Artificiale (Bruno Lenzi). L'articolo mostra, su un arco temporale molto ampio, fallimenti, riuscite, pericoli e scoperte delle scienze cognitive, sottolineando che l'IA non è questione solo tecnico-scientifica, racchiude germogli e frutti maturi in ogni area del sapere, e potrebbe essere molto diversa dall'intelligenza umana.

Post-embodied AI (Ben Goertzel). L'autore, uno dei principali sostenitori dell'AI forte, analizza la questione filosofica dell'embodiment: una intelligenza artificiale forte (capace di risolvere problemi in domini nuovi, di comunicare spontaneamente, di elaborare strategie nuove) deve necessariamente avere un body?

Nanotecnologia: dalla materia alle macchine pensanti (Ugo Spezza) spiega questo ramo della scienza applicata che progetta nanomacchine e nanomateriali in molteplici settori di ricerca: biologia molecolare, chimica, meccanica, elettronica ed informatica. L'articolo presenta le applicazioni già esistenti e le fantastiche potenzialità progettuali, dai nanobot per il settore medico ai neuroni artificiali.

Verso l'Intelligenza artificiale generale (Gabriele Rossi) introduce la Matematica dei Modelli di Riferimento degli iLabs ed esplora i potenziali vantaggi di questa prospettiva alla luce di alcune questioni teoriche di fondo che pervadono tutta la storia della disciplina.

Ich bin ein Singularitarian (Giuseppe Vatinno) è una recensione di La singolarità è vicina di Ray Kurzweil.

NUMERI DELLA RIVISTA

Divenire 1. Bioetica e tecnica

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 2. Transumanismo e società

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 3. Speciale futurismo

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 4. Il superamento dell'umanismo

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

Divenire 5. Intelligenza artificiale e robotica

INTRODUZIONE

ATTUALITÀ

GENEALOGIA

FUTUROLOGIA

LIBRERIA

RICERCHE

1

2

3

4

CHI SIAMO

Comitato scientifico

Riccardo Campa
Docente di metodologia delle scienze sociali all'Università Jagiellonica di Cracovia
Patrizia Cioffi
Docente di neurochirurgia all'Università di Firenze
Amara Graps
Ricercatrice di astronomia all'Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario
James Hughes
Docente di sociologia medica al Trinity College del Connecticut
Giuseppe Lucchini
Docente di statistica medica all'Università di Brescia
Alberto Masala
Ricercatore di filosofia all'Università La Sorbonne (Paris IV)
Giulio Prisco
Vice-presidente della World Transhumanist Association
Salvatore Rampone
Docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni all'Università degli studi del Sannio
Stefan Lorenz Sorgner
Docente di filosofia all'Università di Erfurt
Stefano Sutti
Docente di diritto delle nuove tecnologie all'Università di Padova
Natasha Vita-More
Fondatrice e direttrice del Transhumanist Arts & Culture H+ Labs

Ait

L'AIT (Associazione Italiana Transumanisti) è un'organizzazione senza scopo di lucro con la missione di promuovere, in ambito culturale, sociale e politico, le tecnologie di potenziamento dell'essere umano.

Fondata nel 2004, è stata formalizzata mediante atto pubblico nel 2006 ed ha avviato le pratiche per ottenere il riconoscimento.

Sede legale AIT: via Montenapoleone 8, 20121 Milano

Sito internet AIT: www.transumanisti.it (>)

Pubblica questa rivista: Divenire. Rassegna di studi interdisciplinari sulla tecnica e il postumano

Curatore: Riccardo Campa

Segretaria di redazione: Nicoletta Barbaglia

Art director: Emmanuele Pilia (>)

Gruppo di Divenire su Facebook: (>)

Contatti

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Quando i transumani salveranno il mondo: recensione di Breve storia del futuro

Autore: Domenico Dodaro

da: Divenire 2, Libreria () | pdf | stampa

Jacques Attali,

Breve storia del futuro,

Fazi Editore,

Roma 2007, pp. 227.

In un periodo entro il quale il futuro prospettato si fa sempre più incerto e denso di interrogativi schiaccianti, può essere utile prendere in esame il saggio di Jacques Attali. Un saggio di futurologia, che prova a tracciare gli scenari mondiali dei prossimi cinquant’anni, nei quali a detta dell’autore si susseguiranno almeno tre ondate del futuro: l’iperimpero, l’iperconflitto e infine, se il mondo starà ancora in piedi, l’iperdemocrazia.

Una lettura del genere risulta interessante perché oggi è visibile a chiunque apra i giornali o guardi la televisione (e come sappiamo, volenti o nolenti siamo tutti costretti a fruire almeno del secondo tipo di informazione) che ci troviamo in un crocevia ove il mercato non offre più le garanzie di una propagazione delle ricchezze e dei consumi per tutti, le regole del capitalismo sembrano vacillare a partire dal ruolo svolto dalla banche e dagli istituti di credito che, come si è visto negli USA nel caso dei mutui subprime e come denunciato recentemente dal Presidente francese Sarkozy, pensano attualmente più a fare speculazione che non a sostenere lo sviluppo. Attali, che dallo stesso Presidente francese è stato incaricato a presiedere la Commissione per le Riforme ed il Rilancio dello Sviluppo e dell’Economia in Francia (trattasi di una commissione eterogenea nelle competenze e negli orientamenti politici dei suoi membri, tra i quali spiccano anche due importanti nomi italiani: Franco Bassanini e Mario Monti) e Consigliere di Mitterand a suo tempo, nonché ex Presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, sembra il candidato adatto per fornire un punto di vista autorevole su quali potrebbero essere gli sviluppi di una coesistenza mondiale tra i vari angoli del pianeta, tra differenti stili di vita, differenti sistemi di generazione delle ricchezze, e soprattutto su come occorre porsi di fronte alle sfide sempre più macroscopiche imposte dalla globalizzazione, oltre che agli imminenti cambiamenti annunciati dalla ricerca scientifica e dalle nuove tecnologie convergenti che si riassumono nella sigla nano-bio-info-cogno (nanotecnologie, bio-tecnologie, informatica e scienze cognitive).

Nelle prime pagine del suo libro, Attali precisa come qualsiasi pronostico sul futuro molto spesso finisce con l’essere un’elucubrazione sul presente, ovvero una riflessione sul prolungamento del presente; così «alla fine del XVIII secolo, la maggior parte degli analisti vedeva nella macchina a vapore solo un’attrazione da fiera che niente avrebbe cambiato del carattere agricolo dell’economia. Allo stesso modo, ancora alla fine del XIX secolo, per la maggior parte degli osservatori, l’elettricità aveva un solo futuro: consentire l’illuminazione delle vie in maniera diversa» (p. 8). 1 Secondo Attali «la maggior parte dei racconti sull’avvenire non sono che estrapolazioni sulle tendenze già in atto. Sono rari quelli che arrischiano previsioni discostanti, biforcazioni, capovolgimenti, cambiamenti di paradigma, soprattutto in materia di costumi, di cultura e di ideologia. Meno ancora quelli che si azzardano ad anticipare le tensioni ideologiche che potrebbero rallentare o anche interdire queste profonde rotture» (ibidem). Attali, per quanto ci concedono i nostri naturali limiti cognitivi, in questo caso in ordine predittivo, prova a fornire una previsione più coraggiosa di quello che sarà il futuro da qui al 2060. Intanto è risaputo che nei prossimi decenni ci troveremo ad affrontare, come già accade, grossissimi problemi legati all’ambiente e ci troveremo di fronte immediatamente gli effetti drastici provocati dal surriscaldamento del clima e dal conseguente scioglimento dei ghiacciai (oggi gli oceani si ingrossano di due millimetri l’anno e se la temperatura dovesse aumentare ulteriormente, come ipotizzato dagli esperti, passando dai + 0.5 gradi degli ultimi cent’anni ai + 2 gradi prima del 2050, e forse + 5 gradi prima del 2100, l’innalzamento dei mari arriverebbe dai dodici fino ai quaranta centimetri prima del 2050... e c’è chi fa previsioni anche peggiori!). Inoltre, a livello demografico, è risaputo che la popolazione terrestre aumenta, in alcune regioni, vertiginosamente (in Asia e nei paesi islamici); mentre in altre (come nel caso dell’Italia) i tassi di natalità sono praticamente fermi (da qui le politiche inaugurate dai governi europei, soprattutto di centrodestra, che propongono il bonus bebè e incentivi alla maternità) tant’è che rischiamo nel prossimo futuro di veder collassare i sistemi del Welfare (già oggi in Italia vi sono 44 pensionati su 100 persone attive, ed in Europa ogni lavoratore finanzia già un quarto di una pensione, nel 2050 ne finanzierà probabilmente più della metà) e, soprattutto, rischiamo di non avere più alternanza generazionale, vitale per mandare avanti il sistema socio-economico.

Tra gli altri grossi problemi c’è da mettere in evidenza la crisi energetica, che già oggi regola molteplici conflitti in ogni angolo del globo; e se oggi vede grandi Stati mettersi in moto anche militarmente per controllare le risorse come petrolio e gas (se è vero che gli Stati Uniti hanno mosso guerra all’Iraq e desidererebbero portarla anche in Iran per controllare i rubinetti del petrolio. Oppure più recenti sono i contenziosi tra Federazione Russa e Ucraina o Georgia, nati per controversie e dispetti sui gasdotti) nel futuro prossimo la guerra risulterà essere globale, ma per il controllo e la disponibilità... dell’acqua potabile. Di fronte quindi ad uno scenario che si annuncia tra i più cupi, Attali chiama in causa le nuove tecnologie le quali, se opportunamente e globalmente ben gestite, potranno costituire il rimedio per ogni male.

Occorre però andare al cuore della trattazione: Attali in questo saggio parla più che altro dei sistemi che regolano il mondo. Tutto ha inizio con questa lezione tratta dalla storia (l’autore ne dispensa molte durante tutto il percorso del libro): «di secolo in secolo, l’umanità impone il primato della libertà individuale su qualsiasi altro valore» (p. 9). Attali sostiene che sono esistiti e coesistiti in sostanza tre poteri che hanno organizzato le società: 1) il potere religioso («che fissa il tempo delle preghiere, ritma la vita agricola e determina l’accesso alla vita futura») (p. 14). 2) Il potere militare («che organizza la caccia, la difesa e la conquista»). 3) Il potere mercantile («che produce, finanzia e commercializza i frutti del la-voro») (ibidem). Ognuno di questi poteri amministra il tempo ed essi si sono materializzati politicamente con l’instaurarsi di altrettanti tre grandi ordini che si sono succeduti nella storia dell’umanità: l’Ordine Rituale, l’Ordine Imperiale e l’Ordine Mercantile (il primo ha come gruppo dirigente le autorità religiose, il secondo le autorità militari, il terzo i mercanti). Seppure questi tre ordini possono in parte coesistere, e tutt’oggi abbiamo gruppi dirigenti che incarnano questi valori, secondo Attali ormai da più di duemila anni domina nella gran parte del mondo (o in quella che conta, ovvero quella che spinge lo sviluppo) il terzo ordine, ovvero: l’Ordine Mercantile.

Infatti l’Ordine Rituale regolò soprattutto il percorso evoluzionistico e poi antropologico dell’uomo primitivo e dei suoi discendenti (dall’homo habilis al sapiens sapiens). L’Ordine Militare si collocherebbe invece a partire dal 2697 A.C., periodo nel quale il Principe Huang Di creava i primi Imperi cinesi, e Re Menes unificava l’Alto e il Basso Egitto facendo edificare monumenti di pietra in suo onore (si ricordi che una differenza tra i tre ordini consiste nell’uso delle ricchezze in eccedenza: nell’Ordine Rituale si spendono in sacrifici, nell’Ordine Militare in monumenti, nell’Ordine Mercantile in investimenti produttivi). Ora se nel primo ordine libertà ed individualismo sono ancora due concetti non emersi (l’ideale supremo dell’Ordine Rituale è il sacro e il teologico e l’organizzazione del tempo è basata sui sacrifici propiziatori) questi concetti iniziano ad essere abbozzati con l’instaurarsi di un Regno, un Impero, ove il capo è contemporaneamente principe, sacerdote e capo militare («maestro del tempo e della forza, Uomo-Dio») (p 22). Il capo dell’Impero diviene l’unico autorizzato a lasciare traccia di sé con una tomba riconoscibile, mentre gli altri muoiono nell’anonimato. E così che nasce la nozione di individuo e si sveglia da qui il sogno della libertà (p 23). Questa nozione e questi concetti trovano però la loro piena realizzazione e la loro estensione ad una fetta sempre più grande della popolazione con la nascita e l’affermarsi dirompente dell’Ordine Mercantile, che domina ancor oggi, sotto le vesti della globalizzazione, il nostro mondo.

Tutto inizia nel 1330 A.C. quando il modo ciclico di pensare ed organizzare il mondo viene rovesciato da alcuni popoli del Mediterraneo incredibilmente inventivi: Greci, Fenici ed Ebrei. Essi «hanno in comune la passione per il progresso, la metafisica, l’azione, il nuovo e il bello» (p 27). Questi popoli iniziano a sostituire i primari valori di riferimento: «per loro la vita umana viene prima di ogni altra cosa», «per loro tutti gli uomini sono uguali (ad esclusione degli schiavi e dei “meteci”)», «la povertà è una maledizione, il mondo è da addomesticare [...] almeno nell’attesa che arrivi un Messia a cambiarne le leggi» (ibidem). Per la prima volta si pensa che l’avvenire dell’uomo possa essere migliore rispetto al passato, per la prima volta l’arricchimento materiale è considerato un modo per avvicinarsi a Dio: è la nascita del pensiero greco-giudaico (ibidem). Da qui viene descritta da Attali un’epopea che vede protagonisti i valori dell’Ordine Mercantile fondati sull’individualismo, sulla nascita delle prime forme di mercato e di democrazia, sulla nascita delle prime forme di libertà e dei primi consolidati diritti umani.

In realtà, secondo Attali, i libri di storia si concentrano più sugli avvicendamenti di Imperi e Principi, Regni e Sovrani che non sull’azione di commercianti e mercanti che di fatto formarono delle nuove classi dirigenti creative, le quali a loro volta riformarono il sistema di organizzazione del mondo fondando il mercato che a sua volta fondò la democrazia. Difatti nella cronostoria di Attali dapprima i capi militari iniziarono a cedere lentamente il potere e la gestione delle ricchezze ai mercanti e commercianti. Questi ultimi diedero vita alle prime forme di mercato che trasformarono la maggior parte dei servizi, prima resi gratuitamente, in servizi commerciali e poi successivamente, nell’era del capitalismo più recente, in oggetti industriali prodotti in serie ed in veri strumenti dell’autonomia individuale (p 10).

Così la libertà commerciale ha contribuito a far nascere la libertà politica: «a conti fatti, la dittatura ha consentito la nascita del mercato, che ha generato la Democrazia» (ibidem). Nella sua breve storia del capitalismo, Attali delinea la struttura organizzatrice dell’Ordine Mercantile, che è tutt’oggi la base del nostro sistema globale. Siccome l’accumulazione del capitale non si può fare, nel lunghissimo termine, né in un’azienda né in una famiglia (entrambe troppo precarie) si fa in una città, in un cuore (come lo definisce Attali) che attrae sempre nuovi capitali e gestisce le ricchezze. Questo cuore si circonda di una classe creativa, composta solitamente da mercanti, finanzieri, armatori, industriali e tecnici. Essa è caratterizzata dal gusto per il nuovo e dalla scoperta. Una città diventa cuore se la sua classe creativa è capace di mettere insieme i mezzi per trasformare un nuovo servizio in prodotto industriale (p 38). Allo stesso tempo ogni cuore deve possedere un vasto retroterra per svilupparvi l’agricoltura ed un grande porto per poterne esportare i prodotti. Nella storia dell’umanità sono stati cuori, secondo Attali: Bruges, Venezia, Anversa, Genova, Amsterdam, Londra, Boston, New York e oggi, quasi da una trentina d’anni, Los Angeles. Per essere cuore, come si nota prendendo in esame l’elenco, non occorre essere le potenze più forti e popolose, ma è indispensabile fabbricare nuove tecnologie e consentire la trasformazione del servizio più diffuso del momento in oggetto industriale. Occorre quindi creare nuovi stili di vita, nuove forme d’individualità, nuovi consumi, i quali puntano a creare nuovi provvisori ideali o esigenze collettive, quindi rinnovati mercati e di qui nuove forme catalizzatrici (Attali definisce forme i successivi circoli che si generano con l’affermazione dei nuovi cuori e quindi nuovi oggetti industriali). Per fare esempi chiarificatori la forma di Anversa si impose con lo sfruttamento proficuo e massiccio dell’invenzione della stampa a caratteri mobili, così come Londra fu il primo centro a sfruttare la forza del vapore a scopo industriale.

Se questi elementi, che abbiamo abbozzato, sono stati secondo Attali i costituenti di un Impero che regola ancor oggi col suo sistema il nostro mondo, è anche vero che nulla fa presagire che quest’ordine delle cose durerà in eterno, e già oggi si scruta all’orizzonte la fine dell’impero e del dominio americano. Così se, secondo l’autore, gli USA e Los Angeles manterranno il timone ancora per qualche anno (secondo Attali la fine dell’ultimo cuore si attesterà attorno al 2035) probabilmente alla fine del giro non resterà alcun cuore, per svariate ragioni, che darà il cambio. È qui che Attali colloca la sua prima ondata nel futuro: l’Iperimpero. Esso sarà contraddistinto dal non avere più alcun cuore, ma dall’essere regolato dal monopolio delle compagnie di assicurazione e dall’industria dell’intrattenimento, le quali accompagneranno gli Stati verso una progressiva decostruzione. Cambieranno gli stili di vita: la gente si chiuderà nel proprio narcisistico guscio e penserà sempre più a sé stessa, sfruttando incessantemente e a velocità forsennate tutti gli oggetti industriali, sempre più prodotti a misura individuale, e a disposizione gratuita di tutti. Se nelle pagine precedenti Attali sosteneva che paradossalmente la dittatura fece nascere il mercato, il quale a sua volta fece nascere la democrazia, e da lì nacquero poi le moderne democrazie di mercato: nell’Iperimpero si assisterà all’imporsi, prima di una generalizzazione della democrazia di mercato, che in quanto tale interesserà quasi tutti i paesi (anche quelli che attualmente si collocano fuori da quest’ordine) e poi immediatamente ad un mercato senza democrazia, che regolerà un mondo policentrico ove gli unici valori vigenti saranno una serie di norme che verranno rispettate da individui che si autosorveglieranno usando i numerosi mezzi e strumenti tecnologici a loro disposizione (soprattutto per mezzo delle nanotecnologie). Il mondo a quel tempo sarà dominato dagli ipernomadi, che rappresenteranno la classe creativa, e si sposteranno in continuazione per seguire le esigenze del mercato e lavorare al servizio di iperimprese che non saranno più "nazionali" ma saranno indipendenti dal potere, a quel punto irrisorio, delle èlite politiche, le quali avranno un ruolo molto ridotto rispetto alla contemporaneità (Attali paragona il loro ruolo futuro a quello giocato attualmente dalle ultime monarchie d’Europa).

Un’altra classe, quella composta dai sedentari, sarà distratta dall’industria dell’intrattenimento che procurerà loro viaggi virtuali, e svariati servizi a domicilio (il ruolo giocato tutt’oggi da internet può essere un esempio calzante e preammonitore). Poi un’altra classe, detta degli infranomadi, provocherà i primi echi di uno scricchiolio di sistema, dal momento che il mercato su scala mondiale non farà scomparire la povertà, che interesserà ancora una parte considerevole dell’umanità. Gli infranomadi saranno appunto coloro che vivranno al di sotto della soglia di povertà. Gli Stati, indeboliti, non potranno più finanziare standard decenti di assistenza e ciò favorirà l’inizio della seconda ondata nel futuro: l’Iperconflitto. Alle soglie del 2050 il mondo sarà in preda al caos: gli Stati, ormai decostruiti, non avranno più alcun potere; da qui si imporranno movimenti terroristici, mafie, gang (che Attali chiama pirati) che diventeranno i principali agenti dell’economia e della geopolitica: cinici sfruttatori, operatori della finanza che, sfruttando anche la collera degli infranomadi, creeranno scompiglio all’interno dell’ordine mondiale. Si formerà una collera laica, che sarà rappresentata prima di tutto da ragioni razionali e da persone che saranno stanche di accettare la supremazia del mercato, ed una collera dei credenti, i quali si opporranno all’ideale greco-giudaico per rimettere gli ordini di Dio davanti alle libertà dell’uomo (esistono già i rappresentanti di questi due ideali sottoforma di no global e fondamentalisti religiosi). Sorgeranno guerre di penuria, per il controllo di acqua potabile e petrolio, guerre di frontiera (come quella appena accaduta, ma già predetta nel libro di Attali, tra Russia e Georgia) guerre di influenza e guerre tra pirati e sedentari. Probabilmente, all’alba o al tramonto di una catastrofe, appena prima o subito dopo un Iperconflitto di proporzioni globali, il mondo si fermerà e rinuncerà alla regolazione cieca da parte del mercato, per fondare una temporanea organizza-zione più armoniosa del mondo basata sulla coabitazione tra merca-to e democrazia.

Poco dopo, l’autore si augura, sorgerà la terza ondata nel futuro (attorno al 2060) che prenderà il nome di Iperdemocrazia. Ed è qui che Attali omaggia coloro che a suo parere saranno i "salvatori" dell’umanità: i transumani. Essi rappresenteranno la nuova classe creativa («non si accontenteranno né dell’egoismo degli ipernomadi, né del desiderio di distruggere dei pirati») (p 208). Fonderanno imprese relazionali che si occuperanno dei beni essenziali (i beni ai quali ogni essere umano deve avere diritto per condurre una vita dignitosa e per partecipare al bene comune: l’accesso al sapere, ad un alloggio, al cibo, alle cure, al lavoro e via dicendo) tra i quali il più importante sarà il buon tempo: «“trascorre del buon tempo” signifi-cherà allora vivere liberi, a lungo e giovani, e non, come nell’Ordine Mercantile, affrettarsi ad “approfittare”» (p 219). Le imprese relazionali serviranno per produrre e scambiare servizi gratuiti, una delle categorie più importanti di esse sarà costituita dalle istituzioni di microfinanza. Già oggi esistono “imprese relazionali” come La Croce Rossa, il WWF, Greenpeace, Medici senza Frontiere ed esse assieme ad altre istituzioni simili ed affiliate rappresentano, secondo Attali, già oggi circa il 10 per cento del PIL mondiale. Il risultato collettivo dell’Iperdemocrazia sarà, come anticipato, il bene comune.

Il bene comune dell’umanità non sarà né la ricchezza, né la felicità, «ma la tutela del complesso degli elementi che rendono possibile e dignitosa la vita: il clima, l’aria, l’acqua, la libertà, la democrazia, le culture, le lingue, i saperi» (p. 217). Il modo in cui può essere gestito il bene comune può essere rintracciato già nel modo in cui la Namibia cura la sua fauna o la Francia le sue foreste. Il bene comune non sarà né proprietà degli Stati, né un bene multilaterale, bensì un bene sovrannazionale. La dimensione ideale del bene comune sarà rappresentata da un’intelligenza universale, collettiva, propria della specie umana «differente dalla somma delle intelligenze degli uomini» (ibidem). Così come un’orchestra è qualcosa di diverso dalla mera somma dei suoi musicanti, oppure una rete neuronale composta da molte cellule può dare vita ad una macchina per apprendere, l’intelligenza universale sarà il risultato del nuovo pensiero unico e uniforme che, nella visione di Attali, rappresenterà il culmine del progresso innescato dall’umanità. La finalità dell’intelligenza universale non sarà di ordine utilitaristico, ma servirà a creare un corpus di conoscenze e opere universali, trascendendo i saperi di tutti coloro che vi avranno partecipato. Un esempio applicativo di essa, presente già oggi, è lo sviluppo dei software liberi come l’enciclopedia virtuale Wikipedia (la quale rappresenta appunto un aggregato delle intelligenze e competenze dei suoi autori volontari). Un giorno verrà creata un’iperintelligenza del vivente, della quale l’umanità non sarà che un infimo componente. «Questa iperintelligenza del vivente non agirebbe più, allora, soltanto in funzione dell’interesse della specie umana. [...] La singolare storia dell’homo sapiens sapiens finirebbe qui. Non con l’annientamento, come nelle prime due ondate del futuro, ma con il suo superamento» (p 218). Quindi in conclusione, Attali non si ferma ad annunciare nel suo saggio i drastici conflitti e le rotture ideologiche che a suo parere si succederanno nel corso dei prossimi cinquant’anni, ma si prepara ad annunciare già la nascita di un postumano, di una nuova forma dell’avvenire. Ora, se la sua indagine nel futuro, come è consapevole egli stesso, è prima di tutto un’indagine sul presente, occorre essere consapevoli che nulla ci salverà dagli imminenti cataclismi ambientali o finanziari, se non saremo noi stessi a sfruttare sin da adesso le risorse a nostra disposizione, a cominciare da quelle offerte dalla tecnologia. Così, tanto per fare un esempio, lo stesso Attali anticipa che è possibile affrontare sia la penuria d’acqua potabile che in certa misura l’innalzamento dei mari, iniziando a dissalare su vasta scala l’acqua degli oceani (cosa che effettivamente già avviene in scarsa misura ed è quindi possibile fare). Forse, per quanto riguarda il sistema capitalistico, in particolare l’attuale situazione delle Banche negli USA e le ripercussioni sui mercati finanziari, Attali non ha fatto apparentemente un gran lavoro immaginativo: dal momento che a due anni dalle sue previsioni (la prima edizione risale all’ottobre 2006) già oggi sembra scoccato il momento di una parziale revisione delle regole che dominano la visione capitalista: tanto che il Presidente George W. Bush è stato accusato con una vignetta di “neocomunismo” dal New York Times per il suo piano di 700 miliardi di dollari stanziati per coprire i buchi nei bilanci delle banche americane. Ciò fa presupporre che non dovremo aspettarci necessariamente i drastici eventi ipotizzati da Attali, o comunque non dobbiamo per forza immaginare che l’umanità ed il sistema vigente subiranno passivamente le ripercussioni storiche delineate. Certo, non basterà stare a guardare e non sarà lungimirante né saggio delegare ogni forma di progresso ad entità impersonali quali il caso o lo stesso mercato; occorrerà probabilmente fare in modo che si sviluppi nell’opinione pubblica una sensibilità maggiore ed un rinnovato pathos per far fronte agli ostacoli che abbiamo dinnanzi. E questo rinnovato pathos dovrà spingere immediatamente all’ineluttabilità dell’agire. I transumanisti si sono dati proprio questa missione.

Note

  • 1 Per una rassegna esauriente sulla scarsa lungimiranza umana consigliamo di consultare la pagina sull’ennesima utopia irrealizzabile nel sito dell’ Associazione Italiana Transumanisti

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