Karl Marx, il futurologo

Autore: Roberto Guerra

da: Divenire 4, Genealogia ()

«Io non sono un marxista»
KARL MARX

«I futuristi, nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari; in questo campo, come opera creativa, è probabile che la clas-se operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi»
ANTONIO GRAMSCI

«Non voi, ne sono convinto… ma di voi ride il compagno Charlot; Signori tacete la bocca… Scienziati del futuro, risvegliatemi!»
VLADIMIR MAJAKOWSKIJ

Karl Marx è attualmente caduto in disgrazia. E comprensibilmente. L’autore del Capitale non infiamma più le anime proletarie e, oggi, nell’età del capitalismo cibernetico, il fuoco ormai è sotto controllo. L’anima e i prolet sono divenuti puri segni intercambiabili o in via d’estinzione, perlomeno nell’accezione tradizionale.

Eppure il futurismo “scientifico” potrebbe rintracciare proprio in Marx uno dei suoi pionieri misconosciuti – se si intende l’arte del futuro soprattutto come stile per pensare e migliorare la società industriale della Macchina, oggi Computer.

In effetti, a scanso di veteroequivoci, non può interessare granché – in questi anni duemila – il Marx criptico, noioso e profetico della Grande Opera, Il Capitale: al di là della fede… quest’ultimo appare globalmente persino illeggibile (e comunque ben pochi lo lessero nel XX secolo!) o fuori moda come il Vangelo o la Bibbia o il Corano – roba, letteratura specializzata e sclerotizzata per preti di tutte le chiese, senza ormai alcun effetto o corrispondenza con l’odierna realtà cibernetica.

È invece il Marx, singolarmente mediatico e pubblicitario ante litteram e d’avanguardia del celeberrimo Manifesto scritto con Engels, che può ancora eccitare i neuroni contemporanei, al di là dei contenuti contingenti, ma appunto per lo stile, come medium messaggio, e per le previsioni futuribili. Nel Capitale, il filosofo tedesco ha sballato quasi tutte le previsioni a breve e lungo termine, azzardando e captando paradossalmente quelle futuriste e più umanistiche, o per così dire presentiste: ovvero l’alienazione capitalistica, sublime anatomia delle contraddizioni terribili e tutt’oggi irrisolte del capitalismo, e tutte le sue illusioni e disumanizzazioni all’epoca di Marx nascenti.

Marx ha peraltro, in controluce, svelato incredibilmente al capitalismo il suo stesso volto inconsapevole, i suoi possibili feedback (o retroazioni) meccanici per continuare a rettificarsi, evolversi e fatalmente persuadere anche gli oppositori di classe… Con una metafora quasi sarcastica… Marx è stato il profeta capitalista misconosciuto del XX secolo, oltre che il DDT dadafuturista per le zanzare capitaliste, quasi distrutte ma capaci di risorgere anche per l’indubitabile, oggi, creatività americana, per i fermenti del popolo nuovo, senza tradizione… che, proprio per questo, si muove più libero dai lacci del passato, rispetto all’Europa.

Il Marx utopico, suo malgrado, ebbe la vista lunga sulle non solo contraddizioni del capitalismo, ma anche sul trionfo della tecnologia e delle sue possibilità intrinseche post-capitalistiche e rivoluzionarie, tutt’oggi rimosse clamorosamente dai marxisti superstiti!

Nel Manifestole macchine sono più belle delle piramidi, i figli devono ribellarsi al quarto comandamento, l’uomo è persino chiamato ad amare la forza rivoluzionaria della macchina e della scienza, la religione è il culmine dell’alienazione, la critica stessa al capitalismo presuppone sguardi futuri, un al di là, mai una regressione preborghese.

Marx evidenziò questioni non solo massacrate dai regimi comunisti del XX secolo, ma persino dimenticate da certa ecologia neocattolica e pseudoprogressista contemporanea: come Nietzsche non aveva nulla a che fare con il nazionalsocialismo, così Marx con il comunismo sovietico (e tutti gli altri storicamente realizzati): questa è una cybercritica che gli storici attuali, sempre più passatisti, dovrebbero postulare per capire i grandi… tecnoprofeti del XXI secolo, a partire da Nietszche e Marx!

Marx smaschera le mitologie controrivoluzionarie del Sessantotto o persino del ridicolo Settantasette del Novecento. Il filosofo di Treviri si rendeva conto della relativa minore oppressione (e della grande libertà possibile e comunque mai impossibile) dell’orrido… capitalismo ben più dei marxisti del secolo successivo: Sartre, Foucault e i tanti epigoni neonichilisti (e spesso anche volgarizzatori rispetto ai Maestri) della fine del Novecento. E nell’elenco andrebbe inclusa certa vulgata psicanalitica post-Lacan, ex guru involontario di certa sinistra pseudoradicale intellettuale, proiettata ben oltre gli insegnamenti di Lacan stesso.

Marx, invece, azzeccò, in pieno il dinamismo tecnologico del capitalismo, il suo significato umanistico (il migliore dei mondi possibili.. prima della società futura che chiamò storicamente comunismo, parola usata poco dallo stesso Marx… che notoriamente dichiarava persino di non essere marxista! Marx non dialogò mai con… Stalin, ma piuttosto con Voltaire, Saint Simon, Fourier e Darwin: gli ha dedicato Il Capitale!). Scoprì tutta la miseria dei filosofi “classici”, scoprì il senso del futuro.

E, nel duemila, il celebre Manifesto del fu Partito Comunista, ora in crisi profonda, domanda di essere compreso come il primo manuale di futurismo politico: esso oggi ribadisce la necessità dell’azzeramento del Passato, suggerisce ricette e scenari postindustriali per marciare individualmente verso il regno della necessità-libertà, un’alternativa non anti ma post-capitalista, di cui gli umani percepiscono ancora confusamente il destino darwiniano.

La società high tech riscoprirà Marx tra i propri precursori, la supertecnologia cibernetica e transgenetica (e transumanista) ci condurrà al punto omega… della rivoluzione umana, liberata dal ricatto millenario della sopravvivenza, con buona pace dell’ecologia passatista ancora dominante. La democrazia elettronica e postcapitalista, immaginata recentemente dal futurista americano Alvin Toffler e da altri intellettuali futuribili, sembra quasi incarnare il sogno di un Marx redivivo e aggiornato, tra la cecità naturalmente dei cosiddetti radicali liberi pensatori.

Infatti, Marx preferì sempre le macchine agli uccellini cinguettanti, immaginava l’ecologia come tecnologia umana, conosceva l’ovvietà della Santa Vergine Natura quale eterna mitologia della tirannide di ogni chiesa e regime per impedire la trasformazione dello status quo. E, detto tra pa-rentesi, in nome della Natura Divina, quanti Prometeo sconosciuti sono stati terminati dalla castissima preistoria naturale? Certi Eco… primordiali hanno certamente ritardato di millenni la scoperta del Fuoco!

La cosiddetta società ecologica vagheggiata dall’oscurantismo contem-poraneo… Marx sapeva benissimo dove cercarla: non nel futuro, ma nel Medioevo, dove – al di là del meraviglioso di Huizinga o Le Goff, non esisteva libertà di pensiero, parola o azione, non esistevano industrie, si moriva per assenza di medicine o per condizioni di lavoro egizie… a 30 anni, la vita era soprattutto scandita tra diciotto ore di lavoro per non morire di fame e le altre sei vissute nel terrore dei vari tiranni. A partire dalla Chiesa – umanismo di massa – realtà storica da Marx scaraventata nella luce dei moderni, ora totalmente rimossa dal simulacro inquietante di certo neo-oscurantismo.

In Marx, la libertà individuale non era utopia né la Natura un tabù, ma progetti in fatale armonia con la Macchina…

Il tribunale della storia ha sancito che il comunismo – il progetto umanista futuribile di Marx – è fallito ovunque! Ma il progetto sopravvive nel sogno postumano: l’avvento del Regno della Macchina, la vittoria sulla Necessità, l’esaltazione della Libertà. Il progetto è stato, paradossalmente, memorizzato, ibernato, cristallizzato dall’avanguardia futurista, dagli artisti, più che dalla schiera degli economisti e dei politici, in stato fossile a partire da Stalin…

Esso è stato poi incarnato dall’uomo-macchina più umano degli umani, Majkowskij, dalla civiltà robotica, informatica, da Internet, dalla nanotecnologia. Nella civiltà della macchina, ora computer, nella galassia Marconi postletteraria (con McLuhan), il futurismo è oggi cifra dell’avanguardia visionaria rivoluzionaria e artistica. Con Majakowskij e Marinetti e l’astronave futurista, il cyberspazio (ante litteram) è pelle dell’homme machine. E, incredibilmente, l’avanguardia diventa – fatto storico unico e poco indagato dagli storici – arte di stato in Russia (con Lenin) e sabotaggio subliminale… in Italia, nonché città moderna volante in Germania, prima dell’ascesa del mostro nazista. Parallelamente a Majakowskij e Marinetti, con Tatlin, Malevic, Gropius, Le Corbusier, il volo futurale è già metapolitico, superiore apparenza, splendido cosmico gioco nell’iperspazio e time machine, in Russia con naturalmente il pre-veggente genio rivoluzionario di Vladimir Majakowskij. Ipotesi cybertemporale, alternativa, parallela: Majakowskij italiano e Marinetti con Lenin… comunque rivoluzionari! Dai robot troppo umani e profetici e cibermantici, Majakowskij e Marinetti, l’arte-macchina venne alla luce, nell’ef-fusione nucleare, solare, tra sessualità e scienza, tra illuminismo e romanticismo accelerati smontati clonati dalla rivoluzione futurista e delle avanguardie.

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